Ci sono i dipendenti, i lavoratori a partita IVA e poi c’è chi fino adesso aveva un lavoro in nero e ora, con l’emergenza coronavirus, si trova senza lavoro, senza stipendio e senza tutele. C’è uno spaccato, purtroppo non marginale, di cui poco si parla ma che ingloba tante persone. Avevamo già accennato alle richieste dei lavoratori del mondo dello spettacolo. Ma non solo: che cosa succede ai lavoratori domestici? Molte colf, badanti e baby sitter lavorano in nero.

Con le nuove misure restrittive, che hanno trasformato l’Italia intera in zona rossa, si può circolare per motivi lavorativi solo presentando autocertificazione. Ci hanno scritto in questi giorni diverse lettrici: baby sitter e badanti spaventate di essere esposte al rischio contagio più di altre categorie, famiglie preoccupate per la gestione dei lavoratori domestici ai tempi del coronavirus.

Da un lato in questi giorni la richiesta di baby sitter è aumentata: con le scuole chiuse molti genitori che lavorano, in attesa di conoscere le decisioni del governo su congedi parentali e voucher baby sitter, hanno avuto urgente bisogno di aiuto in casa e personale domestico. E molti sono stati, come sembrano confermare alcuni dati statistici, gli accordi in nero. Attenzione però, vi invitiamo a riflettere su un aspetto, aldilà di quello relativo al rischio contagio quando si sta a stretto contatto in casa con terze persone (il che però potrebbe riguardare anche baby sitter e badanti assunte regolarmente).

Per circolare serve autodichiarazione. I motivi lavorativi sono tra i tre (insieme a quelli sanitari e di stretta necessità) che giustificano gli spostamenti. Ma che cosa accade se un lavoratore in nero viene fermato mentre si sposta? L’effetto indiretto di questa misura, quindi, potrebbe anche essere quello di far emergere situazioni di lavoro domestico (e non) in nero anche se ben si comprende come questo non sia lo scopo primario dei limiti imposti.