Sulla riforma pensioni 2022 con quota 102 sarà battaglia in Parlamento. Lo promette la Lega di Matteo Salvini che ha fortemente criticato la proposta del governo. Ma anche i sindacati non hanno gradito l’uscita del premier per il dopo quota 100.

E sul tavolo balla anche la fine di opzione donna che fino a pochi giorni fa si pensava fosse prorogata. Stante anche il fatto che i costi delle pensioni con questa opzione erano abbastanza contenuti e gestibili dallo Stato.

Con quota 102, in pensione a 64 anni

Ma tant’è, ci si avvicina al dunque.

Il Parlamento sarà presto chiamato ad approvare la riforma pensioni per il 2022. Quota 102 prevede il pensionamento dal prossimo anno al raggiungimento di 64 anni di età con 38 di contributi.

Livello che dovrebbe gradualmente salire a 65 anni nel 2024 (quota 103) e poi 66 nel 2025 (quota 104), sempre con 38 anni di contributi. Ma su questi scalini è ancora aperta ampia discussione anche perché il Mef è in attesa di conoscere le previsioni di spesa da inserire a bilancio.

Un punto però appare chiaro a tutti: con quota 102, in pensione a 62 anni non ci andrà più nessuno dall’anno prossimo. Nemmeno le donne che finora hanno beneficiato di una corsia preferenziale (opzione donna) per lasciare il lavoro in anticipo. La misura, secondo le intenzioni di Draghi, sarà soppressa.

Riforma pensioni: chi dovrà lavorare fino a 67 anni

A questo punto vale la pena vedere chi sarà più penalizzato dalla riforma pensioni con quota 102. Posto che lo scalino anagrafico sarà di due anni in più, secondo le simulazioni, i nati negli anni 60 dovrebbero pagare dazio. Meno penalizzati saranno coloro che sono nati alla fine degli anni 50, sempre che rispettino il requisito contributivo.

Ma, età anagrafica a parte, la riforma pensioni con quota 102 metterà alle corde ancora una volta i dipendenti pubblici, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti. Cioè tutti coloro che non possono attaccarsi agli scivoli previsti dalla legge e che saranno prorogati anche nel 2022.

Stiamo parlando dei contratti di espansione (in pensione fino a 5 anni prima della vecchiaia), dell’isopensione e del ricorso agli assegni straordinari previsti col ricorso ai fondi esuberi di banche, assicurazioni e altre grandi società.

Per chi non vi rientra, si dovrà attendere i 67 anni di età. O forse anche di più, visto che dal 2025 si aggiungeranno altri tre mesi per effetto dell’aumento della speranza di vita.