Il furto nei negozi costituisce un reato ma questo non autorizza il vigilante nel centro commerciale alla perquisizione invasiva. Per comprendere il ruolo di questa figura e i limiti del suo operato andiamo ad esaminare la sentenza n. 12591/2017 della Corte di Cassazione sull’argomento. Nel caso di specie l’imputato era stato condannato per violenza privata ex articolo 610 del codice penale per aver disposto la perquisizione personale di una cliente all’interno della struttura imponendole di sollevare la maglietta e togliere i pantaloni.

Sebbene la perquisizione fosse stata eseguita da un’operatrice donna, per salvaguardare il pudore della cliente, i giudici hanno ritenuto che il fatto costituisse un illecito. Del resto, precisano i giudici, perché si configuri l’ipotesi di violenza privata, non è neppure necessario che vi sia una minaccia verbale o esplicita e quindi a nulla vale, come ha cercato di fare l’imputato, obiettare che la donna fosse libera di muoversi durante la perquisizione (ritenuta dai giudici arbitraria e ingiustificata e descritta come una “pesante ingerenza nella sfera della intimità e della riservatezza della persona”). Respinta quindi la richiesta di non punibilità.

Ma quindi qual è la funzione dei vigilanti all’entrata dei negozi o dei sistemi di controllo elettronico all’ingresso? Di controllo essenzialmente ma per la perquisizione occorre chiamare la polizia.

Furto o tentato furto: quando si configura il reato?

C’è inoltre una differenza da fare tra furto e tentativo di furto (art. 56 cod. pen.) perché, come intuibile, nel secondo caso la sanzione è inferiore. Secondo parte della giurisprudenza non basta all’uopo che la merce sia nella borsa o nascosta nelle tasche etc ma occorre che il cliente abbia superato le casse.

Fare spesa: così stai rubando? Casi di furto “inconsapevole”

Attenzione perché ci sono alcune “pratiche” che alcuni clienti sono soliti fare senza essere consapevoli che configurano reato: ad esempio cambiare le etichette con i prezzi di più prodotti, digitare fraudolentemente il tasto sbagliato sulla bilancia al reparto ortofrutta per pagare meno o ancora “dimenticare” di passare il codice a barre di alcuni prodotti alle casse automatiche.

In questi casi si tratta propriamente di “truffa”.