La legge di bilancio 2023 (comma 54) ha ampliato la platea dei potenziali soggetti partita IVA che possono agire in regime forfettario. In pratica il legislatore ha deciso di innalzare da 65.000 euro a 85.000 euro il limite annuo di ricavi/compensi da NON superare per essere in questo regime di favore.

I restanti requisiti e le cause di esclusione sono rimasti inalterati. Altra novità è che:

Ma è davvero così conveniente stare in questo particolare regime fiscale o forse potrebbe più convenire operare in quello ordinario (IRPEF ed IVA)?

Per capire se ad una partita IVA conviene il regime forfettario o quello ordinario bisogna fare qualche conticino.

Bisogna innanzitutto capire la situazione in cui si trova quel soggetto. Anche la situazione familiare. Quindi, se può avere coniuge e figli a carico per esempio.

Perché conviene il regime

Chi è nel forfettario non calcola l’IRPEF, addizionali regionali e comunali ed IRAP. Egli paga un’imposta sostitutiva. E la calcola con un’aliquota che è già più bassa di quella IRPEF prevista per il primo scaglione (23%). L’aliquota forfettaria è del 15%. Dunque, 8 punti percentuali in meno.

Se poi si tratta di una nuova attività, il forfettario applica l’aliquota 5% (invece che 15%) per i primi 5 anni di attività. Pertanto, in questo caso il risparmio è notevole in termini di tasse da pagare.

Il forfettario inoltre non applica nemmeno l’IVA in fattura che emette e non applica nemmeno la ritenuta d’acconto. Il reddito imponibile su cui calcolare l’imposta sostitutiva è determinato applicando ai ricavi/compensi percepiti nell’anno un coefficiente di redditività che è diverso a seconda del codice ATEO dell’attività.

Inoltre in questo regime si hanno semplificazioni anche in termini di adempimenti.

Non si fa la dichiarazione IVA, non si fanno gli ISA, non si fa la dichiarazione IRAP, non si liquida l’IVA periodica, ecc.

Perché NON conviene il regime forfettario

Se si guardano solo i lati positivi, agire nel regime forfettario (per chi ne ha i requisiti) sembra essere certamente conveniente. Ci sono però i lati negativi che non ci sarebbero, invece, laddove si agisse in regime ordinario di IRPEF.

Chi è nel forfettario per prima cosa non può dedurre dal reddito dell’attività i costi inerenti l’attività stessa. Ci riferiamo, ad esempio, alle spese per le utenze, per il personale, ecc. L’unica voce di spesa deducibile sono i contributi previdenziali ed assistenziali assolti per legge.

Quindi, per un’attività che ha elevati costi di gestione forse potrebbe essere più conveniente il regime ordinario in cui potrebbe dedurre tali costi.

L’altro aspetto negativo è che sul reddito dell’attività non si possono detrarre/dedurre nemmeno le spese personali e quelle sostenute per i familiari a carico. Parliamo, dunque, delle spese sanitarie, degli interessi per il mutuo della casa, delle tasse universitarie pagata ai figli, ecc. Sul reddito dell’attività NON si può godere nemmeno della detrazione per familiari a carico. Questo perché, come detto, chi è nel forfettario paga un’imposta sostitutiva dell’IRPEF.

A voi le valutazioni di convenienza!