Tra il dire e il fare c’è (sempre) di mezzo il mare. Purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista. Nella maggior parte dei casi vale la prima opzione. Perché tra il fare una promessa e darle il giusto seguito, soprattutto quando si parla di politica, spesso le strade sono lunghe e tortuose. E per chi aspetta, vale la pena tenersi un (legittimo) beneficio del dubbio. Per questo in ottica delle prossime elezioni, considerando gli affanni della legislatura al tramonto, meglio mantenersi guardinghi rispetto a ipotesi di alleggerimento sulle tasche dei contribuenti.

Sì, perché mentre i partiti stringono e fanno cadere alleanze a tempo di record, i cittadini navigano ancora nelle turbolente acque del dopo-pandemia, con un occhio ai contagi e un altro all’indice dei prezzi. Cercando di bilanciare delle finanze ancora logore e la necessità di far fronte a un autunno che si prospetta ben poco diverso rispetto all’estate in corso. Senza contare che il peso fiscale, abbondantemente tornato a gravare sulle spalle dei contribuenti, attende nuove indicazioni proprio dalle venture elezioni. Alcuni schieramenti, in effetti, sembrano voler puntare proprio sullo sgravio delle tasse. La famigerata flat tax.

Il programma del Centrodestra

Il Centrodestra ad esempio, Salvini in primis, ha più volte fatto leva sulla possibilità di una nuova flat tax, oltre che sull’alleggerimento delle cartelle esattoriali che gli italiani non riuscirebbero a saldare. Tema preso per vie traverse anche dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha a più riprese insistito sulla tassazione leggera per le imprese che assumono nuovo personale. Tuttavia, nell’ottica dello sgravio fiscale, nella bozza del programma concordato all’interno della coalizione la flat tax ha brillato per la sua poca concertazione. L’obiettivo di Salvini di applicarla ai redditi dei dipendenti con aliquota al 15% era di fatto la vela principale dell’imbarcazione fiscale che il Cdx aveva messo sulle acque della campagna elettorale.

Di fianco, di sopra e di sotto, le idee di Forza Italia di posizionarla al 23% per le famiglie e le imprese, e l’ok al 15% da parte di FdI, a patto che l’applicazione fosse solo sulla quota di reddito imponibile oltre i livelli dell’anno precedente. Problemi di coesione che, tuttavia, secondo i responsabili del programma non sarebbero nulla di insormontabile.

Il futuro della flat tax

Eppure, la divergenza di veduta si annusa anche su altri capitoli del programma. Per la flat tax si dovrebbe arrivare a dama portando l’estensione alle Partite Iva fino a 100 mila euro di fatturato. Oltre che con l’incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti (oltre che ampliandola per famiglie e imprese). Un quadro complessivo che, a prima vista, favorirebbe solo chi guadagna fino a 100 mila euro l’anno. Oltre che i pochi eletti che riusciranno ad aumentare i guadagni rispetto all’anno prima. A mitigare sarebbe il costo: “solo” 13 miliardi, più un’altra sterzata rispetto al programma iniziale, con aliquota unica al 15% per pensionati e dipendenti. Ma anche così qualcuno rischia di restare fuori, soprattutto le piccole partite Iva. La soluzione potrebbe essere la no tax area a 13 mila euro, parte di una possibile fase 3 del programma elettorale.

Occhio alle promesse

Tuttavia, per tornare al discorso iniziale, allargarsi troppo con le promesse potrebbe sortire un effetto boomerang. E, secondo Il Messaggero, qualcuno lo avrebbe suggerito anche al leader della Lega, visto che più di una voce avrebbe mostrato scetticismo per quel che riguarda i tagli abbondanti. Di sicuro c’è l’obiettivo della revisione. E, almeno in questo senso, tutti sembrano remare dalla stessa parte. Capitolo a parte sul Reddito di Cittadinanza: Meloni ha già detto di voler puntare sul Reddito di solidarietà, ossia 650 euro a famiglie con minori o disabili e ai non occupati over 60.

A patto che il piano assunzioni vada davvero a rendere superflua una misura come il RdC. Quello che si augurano tutti.