Ho scoperto di essere incinta ad inizio estate. Il primo trimestre sta per scadere e, insieme alla felicità, iniziano i dubbi su quando comunicare la gravidanza al datore di lavoro. Il fatto è che già due mie colleghe sono in congedo di maternità e, visto il difficile periodo che l’azienda sta passando causa lockdown, so che questa potrebbe non essere una bella notizia per il mio datore di lavoro. Io vorrei sinceramente attendere almeno un altro paio di mesi se il mio stato interessante non dovesse essere troppo palese. Per aspettare che si calmino le acque a almeno una delle due colleghe in maternità rientri in azienda. Ma ho un timore: se qualcuno dei miei colleghi (non con tutti corrono ottimi rapporti) dovesse scoprirlo prima, che cosa rischio se non ho comunicato la gravidanza al mio capo? C’è un obbligo di legge che prevede una scadenza entro un certo termine? Devo seguire particolari formalità?”

 

Quando una donna che lavora scopre di essere incinta, potrebbe avere dubbi su come muoversi e i tempi e le regole da rispettare.

Chiariamo un concetto fondamentale: non ci sono obblighi di legge. L’unico caso in cui la donna deve avvisare tempestivamente i datori di lavoro del suo stato interessante concernono chi svolge attività a rischio per la gravidanza. Questa comunicazione, ovviamente, è prevista per motivi legati alla tutela della salute del nascituro e della futura mamma. Informare il datore di lavoro della gravidanza a rischio serve a metterlo nella condizione di prevedere mansioni alternative indicate allo stato interessante (mantenendo la stessa retribuzione) o per trovare una sostituzione di maternità.

A che mese di gravidanza bisogna dare comunicazione sul lavoro

Sappiamo che le donne in gravidanza hanno diritto all’indennità di maternità a partire da due mesi prima della data presunta del parto. Ma quanto prima va data comunicazione della gravidanza al proprio capo? A ben vedere il Testo Unico a tutela della maternità e paternità (d.lgs. 151/2001) si limita a prevedere un “congruo preavviso”.

E’ chiaramente un’espressione generica che lascia spazio a diverse interpretazioni.

In genere molte donne preferiscono attendere di entrare nel secondo trimestre, perché il primo è quello a maggiore rischio di aborto spontaneo. Questo, ripetiamo, ad eccezione dei casi di gravidanza a rischio o attività pericolose. In media intorno al quarto quinto mese viene data comunicazione a superiori e colleghi, anche perché, se togliamo il caso di smartworking, il pancione inizierebbe a diventare più evidente dopo questo termine.

Si deduce che non sono previste neanche particolari formalità per la comunicazione. Una notifica a voce è sufficiente anche se alcune, soprattutto se i rapporti non sono idilliaci, preferiscono inviare raccomandata con ricevuta di ritorno.

Divieto di licenziamento in gravidanza: la tutela delle lavoratrici incinta

Concludiamo con una rassicurazione, visto che la lettrice esprime un certo timore per le gravidanze quasi contestuali delle sue colleghe.

La legge proibisce il licenziamento per tutta la durata della gravidanza e fino al compimento del primo anno di età del bambino. Questo anche se il datore di lavoro non era a conoscenza della gravidanza quando notifica il licenziamento.

 

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