Nelle sale cinematografiche arriva “The Startup” il film che racconta la storia di Matteo Achilli, giovane romano che, a 25 anni, fonda Egomnia, una piattaforma web volta ad aiutare i giovani a trovare lavoro tramite un algoritmo.

Molti hanno definito il film come un grande bluff, visto che prima della sua uscita quasi nessuno conosceva il nome di Matteo Achilli e che non sono molti quelli che possono affermare di aver trovato lavoro grazie alla piattaforma da lui creata.

Egomnia: perchè si tratta del grande bluff?

Si sa che i media hanno un’influenza pazzesca e proprio grazie ai media inizia la storia di Matteo Achilli: la BBC, qualche tempo fa, inserì il ragazzo tra i “Next Billionaires”.

La notizia è seguita da interviste di Achilli su Wired, Business Insider, Slate, giusto per citare qualche media, che, senza  controllare la veridicità di quanto affermato da chi è intervistato hanno trasformato Matteo Achilli nel nuovo Mark Zuckerberg italiano. Se si ripete abbastanza a lungo una bugia alla lunga la gente ci crede e, forse, si trasforma in realtà. Ed è proprio questo che Achilli ha fatto costruendo un personaggio grazie al suo ego smisurato e spinto da una incontrollabile ambizione.

Matteo Achilli ha costruito il suo successo mediaticamente poichè Egomnia non è una starup di successo. A confermarlo sono i numeri pubblicati da Antonio Simeone in un articolo del Sole24Ore in cui si analizza il bilancio della società: “Egomnia ha un capitale sociale di euro 10.000 interamente versato, con socio unico e amministratore unico (Matteo Achilli). La società è stata costituita nel 2012. Il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 è di circa 44 euro e al 31 dicembre 2014 non aveva dipendenti, mentre al 31 dicembre 2015 ha come costo per il personale dipendente (assunto) 11.543 euro. Egomnia ha ricavi per circa 314.000 euro con 266.000 euro di costi per servizi. I ricavi sono aumentati da 213.000 a 314.000 euro tra il 2014 e 2015.


Conclude: ”La società ha crediti verso clienti per 85.000 euro e debiti in aumento, verso fornitori per 67.000 euro, soci conto finanziamento per 13.000 euro e debiti tributari per 24.000 euro. Fino al 2015 la società è in sostanziale pareggio”.

Egomnia non ha neanche una partita Iva e non è riportata sul sito Partita Iva così come richiesto dalla legge.

Nelle prossime pagine continueremo ad esaminare il perchè del grande bluff di Egomnia.

Egomnia: un successo che non è reale

Il tutto è nato dalle dichiarazioni fasulle rilasciate da Matteo Achilli alla BBC: il giovane aveva dichiarato di avere un fatturato di 550mila euro, quando la realtà era ben diversa. E le redazioni dei giornali che hanno fatto rimbalzare la notizia del suo successo potevano benissimo dare una controllata alla situazione debitoria del fondatore di Egomnia prima di decretare il suo successo.

Al di là del disastro del bilancio della società, Egomnia non ha fatto presa sul mercato poichè la piattaforma è praticamente deserta. Negli ultimi due anni le visite totali registrate al sito da rilevatori come Webtrekk sono state meno di 300mila con un picco di quasi 15mila utenti a febbraio scorso.

The Starup: il film del grande bluff

Il film, diretto da Alessandro D’Alatri e prodotto da Luca Barbareschi, racconta la storia di un sogno che diventa realtà nel primo anno di vita della startup di Achilli. La vera storia di Matteo Achilli, invece, non è quella della realizzazione di un sogno, ma quella di aver travisato i fatti raggiungendo un temporaneo successo grazie anche al cinema. Un successo che, però, se non supportato dai reali fatti andrà pian piano sgonfiandosi. L’idea dell’algoritmo di Achilli, in ogni caso, ha un potenziale enorme, a prescindere da quanto poi in realtà funzioni Egomnia.

“Il film vuole essere anche un omaggio ad una generazione di ragazzi che si impegna in quello che fa, e sono la stragrande maggioranza, che hanno una passione, che si impegnano nello sport, che vivono il sacrificio di far convivere tutto questo con la scuola.

Vedere che Matteo Achilli a 24 anni ha messo in piedi una società con un fatturato di tutto rispetto, e quasi venti dipendenti, mi sembra forte. Condividere questa energia, di chi rimane nel paese, di chi non se ne va o non ha la possibilità andarsene mi sembrava importante. Come è importante raccontare che questo “si può fare” anche in un paese, come il nostro, fondato sulle spinte” racconta il regista Alessandro Alatri.