Chi non ha buona testa ha buone gambe, dicono ancora oggi le nonne. Il significato è quello che se dimentichi di fare qualcosa rischi di doverla fare due volte con un notevole dispendio di tempo ed energie. Magari fosse solo questo il “pegno” da pagare, però, per una dimenticanza. A volte, invece, non è così e la dimenticanza costa molto. Soprattutto in termini economici per quei contribuenti per i quali il vuoto di memoria interessa l’ecobonus.

Infatti, se il contribuente, o chi per lui, omette di inviare all’Enea la comunicazione dei lavori effettuati, perde l’ecobonus (art. 14 del D.L. n. 63/2013 e commi da 344-347 dell’art. 1 della Legge n. 296/2006).

Dunque, la comunicazione all’Enea rappresenta passaggio obbligato per il contribuente se non vuole perdere la detrazione. Questo in sintesi l’intervento della Corte di  Cassazione con la pronuncia n. 34151 del 21 novembre 2022.

La comunicazione deve essere trasmessa entro 90 giorni dalla fine dei lavori. Senza che rilevi la data di pagamento degli stessi.

L’Ecobonus. L’obbligo di comunicazione all’Enea

Per i lavori rientranti nell’ecobonus, (art. 14 del D.L. n. 63/2013 e ai commi da 344-347 dell’art. 1 della Legge n. 296/2006, Finanziaria 2007), è previsto che entro 90 giorni dalla fine dei lavori occorre trasmettere all’Enea:

  • le informazioni contenute nell’attestato di prestazione energetica, attraverso l’allegato A al “decreto edifici” (ex D.M. 19 febbraio 2007);
  • la scheda informativa (allegato E o F al “decreto edifici”), relativa agli interventi realizzati.

La trasmissione deve avvenire in via telematica, attraverso l’apposita applicazione web dell’Enea.

Sono oggetto di comunicazione i lavori quali:

  • riqualificazione energetica di edifici esistenti;
  • interventi sugli involucri degli edifici esistenti;
  • installazione di pannelli solari;
  • installazione di impianti di climatizzazione invernale;
  • installazione di schermature solari;
  • ecc.

L’ecobonus spetta anche per i sistemi di building automation.

Come più volte ribadito dall’Enea, la data di fine lavori, dalla quale decorrono i 90 giorni  per l’invio della documentazione all’Enea, coincide con il giorno del cosiddetto “collaudo” (e non di effettuazione dei pagamenti) o dell’attestazione della funzionalità dell’impianto se pertinente.

Se, in considerazione del tipo di intervento, non è richiesto il collaudo, il contribuente può provare la data di fine lavori con altra documentazione emessa da chi ha eseguito i lavori (o dal tecnico che compila la scheda informativa). Non può ritenersi valida un’autocertificazione del contribuente.

Niente Ecobonus se manca la comunicazione. Pronuncia Corte di Cassazione

Come detto in premessa, la Corte di cassazione, è tornata sull’obbligo di comunicazione in parola. Lo ha fatto con la pronuncia n. 34151 del 21 novembre 2022.

In particolare, secondo la Cassazione, se il contribuente o chi per lui, omette di inviare all’Enea la comunicazione dei lavori effettuati, perde l’ecobonus (art. 14 del D.L. n. 63/2013 e ai commi da 344-347 dell’art. 1 della Legge n. 296/2006). Dunque, la comunicazione all’Enea rappresenta passaggio obbligato per il contribuente se non vuole perdere la detrazione. Tale conclusione parte dalla considerazione del contenuto dell’art. 4, comma 1-bis del D.M. 19 febbraio 2007 (in vigore all’epoca dei fatti oggetto della pronuncia in esame), il quale dispone che “i soggetti che intendono avvalersi della detrazione” in argomento sono tenuti a “trasmettere all’ENEA entro novanta giorni dalla fine dei lavori, attraverso il seguente sito internet: www.acs.enea.it, disponibile a partire dal 30 aprile 2008, ottenendo ricevuta informatica”.

Da qui, secondo la Corte di Cassazione, l’omessa comunicazione preventiva all’ENEA entro i termini previsti, comporta la decadenza delle agevolazioni relative agli interventi di riqualificazione energetica.

La pronuncia della Cassazione può avere impatti anche sul superbonus.

La soluzione è la remissione in bonis

Il contribuente che ha omesso di inviare la comunicazione all’Enea può ricorrere alla c.

d. remissione in bonis. Sempreché la violazione “non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza”.

Inoltre, è necessario che il contribuente:

  • abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
  • effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile ( termine del 30 novembre per la presentazione del modello Redditi);
  • versi contestualmente la sanzione pari a 250 euro tramite F24 riportando il codice tributo 8114 e indicando l’anno di riferimento in cui è commessa la violazione.

La sanzione non può essere oggetto di ravvedimento operoso. Questo perchè la stessa rappresenta l’onere da assolvere per aver diritto al riconoscimento dei benefici concessi dalla norma in esame(circolare n°38/e 2012).

Per pagare la sanzione, il contribuente non può neanche utilizzare eventuali crediti in compensazione.