Distruzione beni magazzino e distruzione beni strumentali – La distruzione dei beni (merce o strumentali) è un’attività a cui si può ricorrere quando i beni dell’impresa non sono più in grado di soddisfare i presupposti per cui erano stati acquistati. E’ tipico il caso della distruzione dei beni tenuti in magazzino e divenuti nel tempo obsoleti e non più commerciabili. Nel procedere alla materiale distruzione dei beni l’imprenditore non potrà agire in modo sommario o improvvisato ma dovrà attenersi alla procedura sancita dal dpr 10 novembre 1997, n.

441,unico modo per vincere la presunzione di cessione dei beni oggetto di eliminazione.

Presunzione di cessione beni– Il D.P.R. su citato, ha provveduto alla completa riformulazione della disciplina concernente le presunzioni di cessione e di acquisto, con la conseguente sostituzione delle regole contenute nel soppresso art. 53 del D.P.R. n. 633 del 1972. In particolare, il comma 2, dell’art. 1 del citato provvedimento, nel solco di quanto già previsto dal richiamato art. 53, fissa alcune ipotesi al ricorrere delle quali la presunzione di cessione non opera; fra queste è prevista la distruzione volontaria dei beni.

Distruzione volontaria beni – La distruzione, che può indiscriminatamente riguardare sia i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa sia i beni strumentali, è operazione particolarmente frequente in alcuni settori, mentre, nella generalità dei casi è attuata solo eccezionalmente. Infatti, l’imprenditore è, di norma, più propenso alla cessione dei beni divenuti non più commerciabili per vari motivi (avariati, divenuti pericolosi o altro), che non procedere alla distruzione degli stessi, non solo col fine di ricavarne il maggior realizzo possibile, ma anche, e soprattutto, per evitare l’osservanza della complessa e poco conosciuta procedura prevista dalla legge.

Distruzione dei beni modalità

È evidente che le procedure inerenti le modalità di distruzione dei beni  non dovranno essere adottate qualora l’imprenditore proceda all’”eliminazione” dei beni mediante la loro cessione, anche a prezzi ridottissimi.

In questi casi, infatti, non esiste alcun vincolo di prezzo “minimo” o di “valore normale” sul quale applicare l’Iva. L’unica regola da rispettare è quella che prevede l’applicazione dell’imposta sul corrispettivo convenuto tra le parti e che sarà effettivamente regolato fra di esse.

L’art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 441 del 1997, stabilisce che si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Per prima cosa, è quindi necessario individuare il “perimetro” all’interno del quale la presunzione di cessione non opera. Tale perimetro è circoscritto dai “luoghi” in cui il contribuente o i suoi rappresentanti svolgono le proprie operazioni, quali:

  • le sedi secondarie;
  • le filiali;
  • le succursali;
  • le dipendenze;
  • gli stabilimenti;
  • i negozi;
  • i depositi;
  • i mezzi di trasporto.

Nel caso in cui i beni non si dovessero trovare in uno dei luoghi sopra riportati, la presunzione di cessione non opera qualora l’imprenditore è in grado di dimostrare che i beni stessi sono stati:

  • impiegati per la produzione;
  • perduti o distrutti;
  • consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, d’opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà

E’ il caso di ricordare che la presunzione si applica nei confronti di tutti i soggetti d’imposta e riguarda sia i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa sia i beni strumentali.

Si tenga però presente, che la presunzione opera solo qualora sia dimostrata la differenza tra:

  • l’entità dei beni acquistati, importati o prodotti (al netto dei beni utilizzati per la produzione perduti o distrutti, nonché dei beni consegnati a terzi in lavorazione, deposito o comodato, ecc.);
  • e l’entità dei beni effettivamente giacenti nei luoghi ove il contribuente svolge le proprie operazioni.

Tale differenza evidenzia la quantità dei beni che, in via presuntiva, sono da considerare ceduti con la conseguenza che ove le effettive consistenze finali risultino inferiori a quelle contabilizzate, i beni costituenti la differenza si considerano ceduti senza il pagamento dell’imposta.

In ogni caso, è bene precisare che si tratta di una presunzione legale “iuris tantum” con la quale la legge dà per avvenuto un certo fatto fino alla dimostrazione del contrario, da fornirsi da parte del contribuente. A tal fine, l’art. 1 del citato D.P.R. n. 441 del 1997, stabilisce una serie di adempimenti a carico del contribuente, la cui concreta attuazione impedisce il sorgere delle suddette presunzioni nei suoi confronti.