Abbiamo raccolto tre quesiti che ci permettono di approfondire il rapporto tra dimissioni e reddito di cittadinanza o, più propriamente, i casi in cui il sussidio può essere riconosciuto ugualmente in via eccezionale e quando invece, stando alle regole generali, viene negato.

Le dimissioni di un familiare non negano il reddito di cittadinanza a tutti i componenti del nucleo

Salve mi chiamo Giorgio C. e scrivo dalla provincia di Roma. Ho fatto domanda per il reddito di cittadinanza ma ora mi sorge un dubbio: mio figlio ventenne si è dimesso qualche mese fa e ora lavora saltuariamente come lavapiatti a Londra dove si è recato per imparare l’inglese. Rischio di rientrare nel 25% delle domande rifiutate per questo?

La formulazione originaria sul tema dimissioni e reddito di cittadinanza era molto rigida: la legge infatti escludeva per 12 mesi dal Reddito di cittadinanza l’intero nucleo familiare di chi avesse presentato dimissioni volontarie dall’azienda.

Con la recente approvazione dell’emendamento panstellato, invece, l’esclusione dal RdC riguarderà esclusivamente chi si è dimesso e non anche gli altri componenti della sua famiglia.

Dimissioni per giusta causa: resta il diritto al reddito di cittadinanza

Salve, vengo da un’esperienza lavorativa d’inferno. Dopo la maternità a rischio e il parto (per fortuna andato bene), sono rientrata a lavoro ma il mio datore mi ha fatto scontare quello che, a suo avviso, era stato un abuso del mio diritto mediante mobbing e demansionamento. Ho quindi dato dimissioni per giusta causa: ho diritto al reddito di cittadinanza?

Qualora il lavoratore presenti dimissioni per giusta causa, questa scelta non avrà alcuna influenza di decadenza del diritto sul diritto a percepire il Reddito di Cittadinanza. Il sussidio, infatti, potrà essere riconosciuto ed erogato (a condizione ovviamente che il richiedente soddisfi anche gli altri requisiti).

Dimissioni per giusta causa:

  • mancato pagamento dello stipendio da più di 3 mensilità, molestie sul lavoro, mobbing, stalking, ecc…;
  • dimissioni entro il compimento del primo anno del proprio figlio;
  • richiesta di trasferimento ad altra sede della stessa azienda più distante dalla residenza o raggiungibile con almento 80 minuti di spostamenti usando i trasporti pubblici. In questo ultimo caso peraltro bisogna anche considerare che il decreto del RdC prevede che la terza offerta di lavoro, non rifiutabile, potrà arrivare da tutta Italia. Il rischio, in altre parole, è quello di lasciare un lavoro e poi essere costretti ad accettarne un altro più lontano!

 

Dimissioni negli ultimi dodici mesi ma non nell’ultimo lavoro: si ha diritto al reddito di cittadinanza?

“Salve vorrei sapere se avrò diritto al reddito di cittadinanza. Lo scorso agosto sono stato assunto con un contratto di un mese, ma dopo dieci giorni mi sono dimesso perché ho trovato un altro lavoro con contratto a tempo indeterminato, ma dopo circa un mese e mezzo mi sono dimesso e ho trovato un altro lavoro con contratto di un mese, ma anche qui dopo una settimana mi sono dimesso. Ovviamente queste dimissioni non sono avvenute per scarsa voglia di lavorare, ma per problemi seri alla colonna vertebrale (riconosciuta una invalidità con appena il 35%)e comunque io in quei mesi non sapevo di queste regole sulle dimissioni volontarie. Intanto a febbraio ho trovato un altro lavoro con contratto di un mese e che si è concluso il 31 marzo (questa volta senza essermi dimesso). Il caf mi ha detto che conta l ultimo rapporto di lavoro, quindi secondo voi avrei diritto?. Ho tutti i requisiti del caso : due bambini, abitiamo in fitto, automobile comprata nel 1998, zero proprietà, Isee di circa 4500 € ecc”

Come abbiamo visto prima rispetto alla Naspi, il reddito di cittadinanza prevede un limite in più: non è ammesso in caso di dimissioni volontarie nell’ultimo anno.

Questo paletto potrebbe essere spiegato per via della diversa natura di Naspi e reddito di cittadinanza.

Il primo infatti è a tutti gli effetti uno strumento di welfare, la seconda invece più tecnicamente è inquadrabile a titolo di indennità per il licenziamento. Nel caso di specie però, è vero che il richiedente ha dato dimissioni ma è altrettanto vero che in seguito ha trovato una nuova occupazione. Appare quindi condivisibile, sulla base delle disposizioni ad oggi note, l’interpretazione fornita dal Caf, che attribuisce rilevanza solamente all’ultima esperienza lavorativa. Ciò sarebbe coerente anche con la ratio del paletto dei 12 mesi, che serve, come è facile comprendere, ad evitare dimissioni volontarie date al solo intento di chiedere il reddito di cittadinanza.

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