Il dipendente che per motivi di salute si dimette non potrà fruire della Naspi. A chiarirlo una recentissima sentenza della Corte di Cassazione,  la numero 12565 del 18 maggio 2017, la quale sostiene che il dipendente che si dimette per ragioni di salute lo fa per una scelta volontaria e non può, quindi, sostenere di aver perso il lavoro involontariamente e non ha diritto alla disoccupazione.

Le dimissioni per malattia, a questo punto, non possono essere considerate dimissioni per giusta causa.

Naspi: quando spetta?

La normativa prevede l’erogazione della Naspi quando ci si trova in stato di disoccupazione involontaria.

Le condizioni del lavoratore, quindi, devono essere involontaria. Le dimissioni volontaria, anche se dipendono da motivi di salute gravi, non rientrano in quelle che danno diritto all’indennità di disoccupazione.

Le uniche dimissioni che danno questo diritto, sono quelle in cui il dipendente è costretto a presentarle, ovvero che non dipendono dal lavoratore ma da situazioni esterne.

Sentenza Cassazione: no Naspi per chi si dimette per malattia

La Corte di Cassazione con questa sentenza, quindi, nega la disoccupazione a quei lavoratori che, per motivi di malattia, presentano le proprie dimissioni.

Questa sentenza sicuramente farà discutere, soprattutto alla luce del fatto che l’INPS permette l’accesso alla Naspi a coloro che sono stati licenziati per motivi disciplinari (licenziamento per giusta causa). A questo punto, sviscerando la normativa, si comprende che chi si macchia di una colpa ed è in malafede può accedere alla disoccupazione, chi, invece, si dimette per motivi di salute non può. Il dipendente gravemente malato, quindi, potrebbe essere portato a macchiarsi di una colpa abbastanza grave da prevedere il licenziamento piuttosto che presentare le proprie dimissioni per motivi di malattia. In questo moto, almeno, potrebbe accedere all’indennità di disoccupazione poiché per la Suprema Corte le dimissioni per motivi di salute non sono involontarie.