Alle volte, anche di fronte a palesi ingiustizie e soprusi, il dipendente si guarda bene dal denunciare il proprio datore di lavoro per paura di incorrere in un licenziamento e, quindi, accetta umiliazioni e illeciti. E’ bene sapere, però, che una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 22375 del 2017, ha ribadito quanto già consolidato in giurisprudenza: la denuncia del dipendente al datore di lavoro non giustifica il licenziamento anche se la accuse formulate non risultino veritiere.

Attenzione però:  il codice civile sancisce l’obbligo di fedeltà del dipendente al datore di lavoro e all’azienda.

Questo, ovviamente, non vieta al dipendente di poter denunciare illeciti che avvengano da parte dell’azienda poiché questo favorirebbe l’omertà. E’ un diritto del dipendente quello di poter sporgere denuncia o querela nei confronti di un superiore per tutelare i propri diritti.

Ma cosa accade se una volta presentata denuncia il datore di lavoro viene assolto? Neanche in questo caso si rischia il licenziamento poiché non può essere licenziato per giusta causa il lavoratore che presenta una denuncia anche se quest’ultima viene archiviata. Il lavoratore rischierebbe di perdere il posto di lavoro solo e soltanto agendo in malafede, ovvero se calunnia il superiore o l’azienda e la calunnia non sussiste se chi sporge denuncia è in buona fede. Il dipendente, quindi, che denuncia il superiore non rischia il licenziamento soltanto se nei fatti che narra non racconta bugie.

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