Trema il governo e tremano anche le pensioni degli italiani. O meglio, quelle dei lavoratori che si apprestano a uscire dopo tanti anni di sacrifici avendo anche raggiunto una certa età anagrafica.

Sullo sfondo c’è una incomprensibile crisi politica che rischia di sfociare in elezioni anticipate. Ma anche i numeri drammatici presentati dall’Inps sulla spesa pensionistica che nel 2021 è stata di 312 miliardi di euro, il 17% del Pil. In progressivo aumento.

L’incubo Fornero sulle pensioni

In questo contesto politico ed economico, difficile immaginare una riforma pensioni all’acqua di rose.

In deficit come vorrebbe la Lega o con Quota 41 come chiedono i sindacati. Il dissesto dei conti pubblici è dietro l’angolo, vuoi solo per il fatto che dal prossimo anno serviranno altri 23 miliardi per rivalutare 16 milioni di pensioni a causa dell’inflazione.

Quota 102 è in fase terminale. La pensione anticipata con uscita a 64 anni e 38 di contributi ideata dal governo per evitare lo scalone tra la fine di Quota 100 e i requisiti di vecchiaia sta per scadere. Senza interventi legislativi, non ci saranno più deroghe alle regole Fornero.

Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha rassicurato che saranno prorogate Ape Sociale e Opzione Donna. Ma non basta. Le due misure sono insufficienti a coprire la platea di quei lavoratori che è rimasta fregata dalla fine di Quota 100 (e fra poco di Quota 102).

Le riforme suggerite dall’Inps

A cantare vittoria sarebbero i tecnocrati di Bruxelles, quelli che spingono per un rapido ritorno alle regole Fornero, frenate dalle numero deroghe varate negli ultimi anno, a partire da Quota 100. Di mezzo ci andrebbero i lavoratori, costretti ad aspettare 67 anni prima di andare in pensione.

Sullo sfondo ci sarebbero le riforme suggerite dall’Inps per riformare il sistema senza compromettere l’equilibrio delle finanze pubbliche. Peraltro già precario. Ma si viaggia sul filo del rasoio perché, in ogni caso, i potenziali beneficiari non sarebbero molti e subirebbero penalizzazioni.

Le tre soluzioni esposte dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico, all’indomani della presentazione del rapporto annuale 2021 alla Camera sono poco costose, ma lasciano dei dubbi. La prima poggia sull’uscita a 64 anni di età e almeno 35 di contributi con il ricalcolo interamente contributivo della pensione. Ma a condizione che l’importo della rendita sia pari ad almeno 2,2 volte il valore dell’assegno sociale (468,11 euro al mese).

La seconda via d’uscita prevede penalizzazione del 3% della pensione sulla quota retributiva per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 della vecchiaia. Anche qui si partirebbe da 64 anni col almeno 35 anni di contributi a condizione di aver maturato un assegno pensionistico pari ad almeno 2,2 volte l’assegno sociale.

La terza strada, che è anche la più economica e flessibile, è la proposta Tridico. Una pensione in due tranches con uscita a 63 anni e almeno 20 di contributi per la sola parte contributiva maturata. A cui si aggiungerebbe la restante fetta retributiva della pensione al raggiungimento dei 67 anni di età.