Prorogato ed ampliato, rispetto a quello previsto dal decreto Cura Italia, il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili utilizzati nell’esercizio dell’attività. La conferma è arrivata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020) avvenuta il 19 maggio scorso con immediata entrata in vigore. Con l’art. 28 del nuovo provvedimento governativo, infatti, il legislatore riconosce, per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, dì interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

Il credito spetta ai soggetti con ricavi e compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019 (per le strutture alberghiere non è previsto alcun limite).

Le differenze

Il beneficio si differenzia da quello previsto dal decreto Cura Italia poiché ne viene ampliato l’ambito soggettivo (non è limitato alle sole imprese) e quello oggettivo (il credito riferito a marzo riguardava solo il canone di locazione di contratti aventi ad oggetto immobili di categoria catastale C/1 (ossia negozi e botteghe) e pertinenze purché nel contratto di affitto il canone previsto fosse unitario.

Inoltre, sempre con riferimento all’ambito soggettivo, la nuova agevolazione spetta anche per i contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo. In questo caso, tuttavia, il credito spetta nella misura del 30%.

La doppia attività: basta il calo di fatturato

L’altra sostanziale differenza tra il nuovo credito d’imposta e quello previsto dal Cura Italia, risiede altresì nella circostanza che quello fissato dal decreto Rilancio viene legato al calo di fatturato.

Infatti, è previsto espressamente che la “condizione necessaria per fruire del credito d’imposta commisurato all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio e per le strutture turistico ricettive con attività solo stagionale, con riferimento a ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno è che i soggetti locatari, se esercenti un’attività economica, abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% nel mese di riferimento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta 2019”.

Tale previsione normativa risolve ex lege una questione di fondamentale importanza, lasciata, invece, latitare dal decreto Cura Italia e dall’Amministrazione finanziaria. Ci riferiamo al caso in cui nel medesimo locale lo stesso soggetto svolga più di un’attività. Si pensi, ad esempio, al bar che ha anche l’attività di vendita di Sali e tabacchi, oppure alla cartolibreria che è anche edicola. Con riguardo al credito fissato dal Cura Italia, infatti, questi spettava solo con riferimento a quelle attività interessate da provvedimenti di chiusura di cui ai vari DPCM emanati a fronte dell’emergenza Covid-19. Il dubbio non affrontato dal legislatore e dall’Agenzia delle Entrate, era proprio il caso, ad esempio, della doppia attività di bar (il codice ATECO era tra quelli interessati dallo stop) e quella di tabacchi (codice ATECO non interessato, invece, dal provvedimento restrittivo). Come ci si doveva comportare in questo caso? A quale parametro fare riferimento

Ora secondo quanto previsto dal decreto Rilancio, l’unico parametro di riferimento è il calo del fatturato per il contribuente, indipendentemente dalla provenienza tra le due attività.

Utilizzo e divieto di cumulo

Si stabilisce che il credito sarà utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa (quindi, nel Modello Redditi/2021 se la spesa è pagata nel 2020) ovvero in compensazione, successivamente all’avvenuto pagamento dei canoni (se paradossalmente il canone di aprile 2020 è pagato a gennaio 2021, il credito sarà utilizzabile, dunque, da gennaio del prossimo anno).

 Non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP.

Confermato, rispetto a quanto circolava in bozza nei giorni scorsi, è anche che il soggetto avente diritto al beneficio, in luogo dell’utilizzo diretto dello stesso, potrà optare per la cessione del credito d’imposta al locatore o al concedente o ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari. Inoltre, si prevede che, al fine di evitare un doppio beneficio in capo ad alcuni soggetti, non ci sarà cumulabilità tra questo beneficio e lo stesso credito d’imposta fissato dal Cura Italia, ma ciò solo con riferimento al canone del mese di marzo. Si lascia, comunque, la definizione delle modalità attuative dell’agevolazione ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (ossia 19 maggio 2020).