Fondi pensione ancora all’attenzione dei risparmiatori. Se il crac della Silicon Valley Bank ha scosso i mercati finanziari mettendo in preallarme lavoratori e investitori di tutto il mondo, quello del Credit Suisse è un vero e proprio terremoto finanziario. La domanda, come sempre, è chi pagherà il conto di questo baillame. E come sempre la risposta è: i risparmiatori.

Dentro Credit Suisse, uno dei maggiori player mondiali del fondi pensioni, c’è di tutto. Dai grandi investitori arabi a quelli americani, russi, per non parlare dei fondi d’investimento di tutto il pianeta, compresi i fondi pensione naturalmente.

Un grande minestrone che finirà in pancia a UBS. Giusto per non far trapelare nulla di quanto custodito segretamente nei forzieri svizzeri.

Crac Credit Suisse e fondi pensione

Ma a parte ciò, quello che più preoccupa è che ne risentiranno anche i rendimenti dei fondi pensione. Il crac della seconda più grande banca svizzera con ramificazioni in tutto il mondo trascina nel pozzo anche 16 miliardi di dollari in obbligazioni subordinate. Strumenti finanziari ad alto rischio che solitamente vengono sottoscritti da investitori professionali e istituzionali, come i fondi d’investimento ad alto rendimento e, in minima parte, anche dai fondi pensione.

Si tratta di bond con grado di subordinazione elevato (At1 in gergo). Emessi nella forma di preference share, sono paragonabili agli strumenti obbligazionari poiché prevedono forme di remunerazione ad un tasso predefinito elevato. Ma, in caso di difficoltà, possono sospendere il pagamento degli interessi e anche il rimborso del capitale.

Orbene, questo tipo di strumenti finanziari solitamente entra a far parte dei portafogli dei fondi d’investimento e dei fondi pensione nelle linee più remunerative e rischiose. Casi marginali, quindi. Tuttavia molti gestori li hanno acquistati proprio per garantire fino a poco tempo fa quei ritorni di rendimento che altrimenti, in un lungo contesto di tassi a zero, non avrebbero potuto promettere ai sottoscrittori.

Attirandoli come mosche al miele.

Pochissima trasparenza

Di conseguenza chi ha sottoscritto forme di previdenza complementare più remunerative attraverso i fondi pensione deve sapere che si è assunto anche rischi connessi. Ovviamente non è dato sapere quali sono gli strumenti finanziari che i fondi pensione comprano e vendono ogni giorno coi soldi dei lavoratori. Non c’è trasparenza in questo. Si sa, ma non dovrebbe essere così. Però è facile immaginare che siano rimasti intrappolati anche loro nel crac di Credit Suisse.

Unica cosa che si potrà notare col tempo è il rendimento composto che periodicamente i fondi pensione devono rendere noto agli assicurati. Da lì si capirà quanto hanno perso (e continueranno a perdere) i gestori. Alla fine, però, i fondi non falliranno, ma i lavoratori non vedranno arrivare, al momento della pensione, quella rendita integrativa promessa con tanto di pompa magna di governi e sindacalisti.

Tenersi stretto il Tfr – lo ribadiamo – è quindi la cosa migliore e sicuramente più redditizia che un lavoratore consapevole possa fare. Sempre. I soldi sono costantemente nella disponibilità del lavoratore e il rendimento del trattamento di fine rapporto è certo, trasparente e sicuro.