Gli ultimi Open Data Inail ci permettono oggi di avere un quadro chiaro degli infortuni e malattie verificatesi a lavoro a causa di contagio e/o infezione da Covid. Il report pubblicato, seppur provvisorio e quindi in attesa di essere confermato dal resoconto di fine anno, conferma un andamento al rialzo delle denunce, con settori più a rischio e categorie di lavoratori più colpiti rispetto ad altri.

Infortuni Covid: nel 2021 aumentano le denunce professionali

Stando a quanto emerso dall’ultimo report Inail, le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto tra gennaio e maggio sono state 219.262 (+5,7% rispetto allo stesso periodo del 2020).

Di queste, purtroppo, 434 hanno avuto esito mortale (registrando anche in questo caso un aumento pari al 0,5% rispetto all’anno scorso). Numeri al rialzo anche per quanto riguarda le patologie di origine professionale denunciate: 23.921 in totale, +43,4%.

I dati mensili, come ha spiegato l’Istituto in una nota, sono ovviamente influenzati dall’emergenza Coronavirus. Alla data dello scorso 31 maggio, infatti, sono state segnala all’Istituto 3.519 infezioni Covid in più di origine professionale rispetto al 30 aprile (+2,0%). I decessi sono stati invece 639, con un picco registratosi nel periodo ottobre 2020 – gennaio 2021.

Contagi Covid e infortuni sul lavoro: i dati della “seconda ondata”

Il 17esimo report nazionale sui contagi sul lavoro da Covid-19 è stato elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail e pubblicato oggi insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali. Dati alla mano, il rapporto ci conferma che dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 31 maggio, le denunce di infortunio da Covid-19 sul lavoro segnalate all’Istituto sono state 175.323, pari a quasi un quarto del totale delle denunce di infortunio pervenute da gennaio 2020 e al 4,2% del totale dei contagiati nazionali comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data.

Rispetto alle 171.804 denunce rilevate dal monitoraggio precedente del 30 aprile 2021, quindi, i casi in più sono 3.519 (+2,0%), di cui:

  • 757 riferiti a maggio;
  • 960 ad aprile;
  • 541 a marzo;
  • 249 a febbraio;
  • 273 a gennaio di quest’anno;
  • 201 a dicembre 2020 ;
  • 297 a novembre  e183 a ottobre 2020.

I restanti 58 casi sono invece riconducibili agli altri mesi dell’anno scorso.

L’analisi di fatto conferma che la “seconda ondata” di contagi, che in ambito lavorativo può essere circoscritta al periodo ottobre 2020-gennaio 2021, con il 59,6% delle infezioni denunciate ha avuto un impatto più intenso rispetto alla “prima ondata” del periodo marzo-maggio 2020 (29,0%).

Covid, le vittime della “prima ondata”

La “prima ondata” della pandemia, stando a quanto riporta l’Inail, ha avuto un impatto maggiore della seconda per i decessi. Il 55,0% dei casi mortali, infatti, è stato denunciato all’Istituto nel trimestre marzo-maggio 2020 (il 30,2% nel solo mese di aprile) contro il 29,6% del trimestre novembre 2020-gennaio 2021, percentuale che sale al 41,5% se si considera il periodo novembre 2020-maggio 2021.

Le morti da Covid-19 segnalate alla fine dello scorso mese sono state 639, circa un terzo del totale dei decessi sul lavoro registrati dal gennaio 2020, con un’incidenza dello 0,5% rispetto al totale dei deceduti nazionali per Coronavirus rilevati dall’Iss alla stessa data.

Rispetto ai 600 casi rilevati dal monitoraggio Inail del mese precedente, inoltre, i casi mortali sono solo 39 in più.

Infortunio Covid sul lavoro: le regioni dove ci si ammala di più

Lo studio Inail ha analizzato le denunce per infortunio e malattia Covid differenziando i dati anche su base regionale. Il dato che è emerso è che, confrontando i numeri, ci sono delle regioni dove le persone si sono ammalate di più.

L’analisi territoriale evidenzia una distribuzione delle denunce del:

  • 43,2% nel Nord-Ovest, prima la Lombardia con il 25,6%;
  • 24,5% nel Nord-Est, con in testa il Veneto con il 10,6%;
  • 15,1% al Centro, dove primeggia il Lazio con il 6,5%;
  • 12,6% al Sud, con Campania al primo posto con il 5,7%;
  • e 4,6% nelle Isole, con la Sicilia in vetta al 3,1%.

Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono quelle di:

  • Milano (9,7%);
  • Torino (7,1%);
  • Roma (5,2%);
  • Napoli (3,8%);
  • Brescia, Verona e Varese (2,5% ciascuna);
  • e Genova (2,4%).

Milano è anche la provincia che registra il maggior numero di contagi professionali accaduti nel solo mese di maggio, seguita da Roma, Napoli, Torino, Messina, Venezia e Firenze.

Le province che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di aprile sono però quelle di Vibo Valentia, Reggio Calabria, Salerno, Lecce, Agrigento, Caltanissetta, Sud Sardegna, Messina, Pordenone, Bolzano, Grosseto, Terni, Cosenza, Brindisi e Catanzaro.

Covid: settori e lavoratori più a rischio

Prendendo in considerazione solo i decessi, secondo il report Inail, la maggior parte di questi riguarda gli uomini (83,6%) e i lavoratori nelle fasce di età 50-64 anni (72,3%), over 64 anni (18,5%) e 35-49 anni (8,4%), mentre tra gli under 35 si registra lo 0,8% dei casi mortali.

Allargando però l’analisi a tutti i contagi sul lavoro da Covid-19, il rapporto tra i generi si inverte. La quota femminile sul totale delle denunce, infatti, è pari al 68,8%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione della Calabria, della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 48,5%, del 46,2% e del 44,4%.

L’età media dei contagiati dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per entrambi i sessi (59 per i deceduti). Il 42,5% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,7%), under 35 anni (18,9%) e over 64 anni (1,9%). L’86,3% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 13,7% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 21,0% dei contagiati stranieri), peruviani (12,8%), albanesi (8,1%), moldavi (4,5%) ed ecuadoriani (4,2%). Nove morti su 10 sono italiani (90,3%), mentre la comunità straniera con più decessi denunciati è quella peruviana (con il 14,5% dei casi mortali dei lavoratori stranieri), seguita da quelle albanese (12,9%) e rumena (9,7%).

La stragrande maggioranza dei contagi e dei decessi (rispettivamente 97,1% e 89,8%) riguarda l’Industria e servizi. Sono circa 2.700, in particolare, le infezioni di origine professionale di:

  • insegnanti;
  • professori;
  • e ricercatori di scuole di ogni ordine e grado e di università statali e private.

Il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – è sempre al primo posto tra le attività produttive: con il 65,9% delle denunce e il 25,1% dei casi mortali codificati.

Fa seguito l’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% dei contagi e il 10,4% dei casi mortali.

Gli altri settori più colpiti sono: il noleggio e servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il trasporto e magazzinaggio, secondo per numero di decessi con il 12,8% del totale, il manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), e le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale).

Covid, contagi e morti sul lavoro: gli effetti della vaccinazione di massa

Il dato interessante emerso del report Inail riguarda quello che mette a confronto i lavoratori vaccinati con quelli che hanno dovuto attendere per avere accesso alla campagna vaccinale. Come è emerso dall’analisi dell’Istituto, si è – di fatto – registrata inversione di tendenza a partire dallo scorso mese di febbraio rispetto al trend dei mesi precedenti. Nello specifico, la sanità e assistenza sociale nell’ultimo quadrimestre è scesa sotto la soglia del 45% dei casi codificati, riposizionandosi sugli stessi livelli dell’estate 2020 grazie all’efficacia delle vaccinazioni, che hanno coinvolto prioritariamente il personale sanitario.

Al contrario, altri settori produttivi hanno registrato una crescita dell’incidenza di contagi professionali, pur rilevando un calo in valori assoluti rispetto alla “seconda ondata” del periodo ottobre 2020-gennaio 2021. È il caso, in particolare, dei trasporti, del commercio, dei servizi di alloggio e ristorazione, dei servizi di informazione e comunicazione e del manifatturiero, che raccolgono complessivamente il 31,4% dei casi, contro l’8,4% della “prima ondata”, il 29,0% del periodo estivo e il 10,6% della “seconda ondata”. Sono tutti lavoratori e professionisti questi che hanno dovuto aspettare per avere accesso alla campagna vaccinale, rispetto agli operatori sanitari che invece hanno ricevuto la prima e la seconda dose del vaccino Covid con priorità.