Quali tasse si pagano sui conti correnti? E’ questa una delle domande più ricorrenti che pochi si pongono pensando si tratti dei soliti balzelli bancari che gli istituti di credito caricano periodicamente sui clienti e incrementano di anno in anno. Si tratta invece di tasse vere e proprie.

Dette anche imposte di bollo, le tasse gravano su tutti i conti correnti italiani e libretti di risparmio. Sia privati che aziendali. L’imposta risale al 1972, introdotta col D.P.R. n.

642, ed è stata poi modificata col tempo, ma mai abolita nonostante le proteste dei consumatori. Frutta ogni anno in maniera silenziosa milioni di euro allo Stato e varia nell’importo

Imposta di bollo sul conto corrente

Premesso che tale imposta colpisce tutti coloro che possiedono un conto corrente bancario o postale, ci si chiede quanto vale. La risposta è semplice: per le persone fisiche l’imposta è di 34,20 euro all’anno, mentre per le aziende è di 100,00 euro.

L’imposta di bollo sul conto corrente bancario o postale è quindi una tassa fissa e non dipende da quanti soldi si tengono depositati o si movimentano ogni anno sul conto. Si paga per il solo fatto di possedere un conto corrente o un libretto di risparmio e di tenervi depositato del denaro, tanto per spese e incassi correnti, quanto per frequenti e cospicue movimentazioni.

Unica eccezione è rappresentata dal limite di giacenza media inferiore a 5.000 euro. Cioè, se il privato cittadino durante l’anno mantiene una giacenza media di denaro inferiore a tale soglia, è esentato dal pagamento dell’imposta.

L’imposta di bollo non si applica nemmeno ai rapporti intercorsi tra gli enti gestori e i Confidi, organismi senza scopo di lucro a carattere associativo costituiti da piccole e medie imprese. Sono esentati anche i conti correnti delle pubbliche amministrazioni.

Quando e quanto si paga

L’imposta di bollo è corrisposta, per legge, sulla scorta dell’invio della comunicazione che per molti intermediari finanziari avviene con cadenza trimestrale, semestrale o annuale su estratti conto, rendiconti dei libretti di risparmio, comunicazioni periodiche di prodotti finanziari.

Per cui la tassa da 34,20 euro o da 100 euro, nel caso di aziende e condomini, è frazionata di conseguenza. Questo perché la normativa impone che l’imposta debba essere pagata in concomitanza all’invio dell’estratto conto. Più precisamente,

“l’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato”.

Quando non si deve pagare la tassa sul conto corrente

Come detto, l’imposta di bollo sul conto corrente bancario o postale non è dovuta quando il valore di giacenza risultante dagli estratti conto periodici o annuali è mediamente non superiore a 5.000 euro. Questo limite è stato introdotto nel 2012 con il Decreto Salva Italia e fino ad allora l’imposta era dovuta anche con saldo “zero”.

Pertanto può succedere che un risparmiatore attento provveda a tenere sempre la giacenza media sul conto corrente al di sotto dei 5.000 euro o addirittura in rosso. Un espediente che è spesso di difficile attuazione poiché il correntista solitamente ha una giacenza media superiore a tale limite.

E, se la rendicontazione è trimestrale, diventa ancora più difficile evitare il calcolo dell’imposta poiché la giacenza media è calcolata su 90 giorni anziché su 365. D’altro canto, sono pochissime le banche che inviano l’estratto conto al cliente una sola volta all’anno.

Esenzione in base al Isee

Una ulteriore deroga al pagamento dell’imposta di bollo sul conto corrente è data dalle capacità reddituali del soggetto. In base alla normativa vigente, coloro che possiedono un certificato Isee inferiore a 7.500 euro all’anno sono esentati dall’applicazione dell’imposta.

A tal fine è però necessario produrre presso il proprio istituto di credito o in Posta la certificazione rilasciata dall’Inps che attesti il limite dei 7.500 euro affinché l’intermediario, che agisce come sostituto d’imposta, non trattenga l’importo annuale di euro 34,20. Solo in questo caso il cliente non deve pagare nulla per esenzione in base alla soglia minima di reddito.

Questa misura è applicabile solo per le persone fisiche e non per quelle giuridiche. Per cui i conti correnti aziendali, commerciali, condominiali, ecc. sono soggetti in ogni caso al pagamento dell’imposta pari a 100 euro all’anno.