La riforma pensioni è sempre più appesa a un filo. La crisi di governo che si è recentemente aperta in Parlamento solleva diversi dubbi sulla fattibilità di un intervento legislativo mirato entro quest’anno.

Il premier Draghi è disponibile a portare avanti un cambiamento dell’assetto previdenziale purché sia finanziariamente sostenibile. In questo senso gli incontri con le parti sociali erano ripresi, prima che il M5s non aprisse la crisi politica. Cosa succederà adesso?

Riforma pensioni e crisi di governo

In questa situazione di profonda incertezza politica diventa difficile fare delle previsioni.

E le speranze che si arrivi entro l’anno a una riforma pensioni sostenibile si affievoliscono col passare del tempo. Così il ritorno pieno alle regole Fornero senza deroghe è sempre più probabile.

Da un punto di vista politico, il Capo dello Stato farà di tutto per scongiurare il ritorno anticipato alle urne tentando, al più, in extremis la formazione di un altro governo tecnico dopo Draghi. Ma è del tutto evidente che si punti a un Draghi bis.

Per quanto riguarda, invece, le pensioni bisogna ricordare che non c’è solo la riforma in ballo, ma anche le proroghe di Ape Sociale e Opzione Donna che scadono il 31 dicembre. Oltre a Quota 102 il cui destino sembra segnato con la fine dell’anno.

In ogni caso, se la crisi non dovesse risolversi in tempi brevi, il rischio è il ritorno alla Fornero per tutti senza deroghe a partire dal 1 gennaio 2023.

Chi ci rimette e chi ci guadagna

Da questo nuovo e imprevisto scenario politico a rimetterci sarebbero i lavoratori. Ma anche i pensionati che non beneficeranno dei benefici immediati che il governo Draghi stava preparando con il decreto di fine luglio. Un intervento corposo a difesa di salari e pensioni per contrastare il carovita e l’inflazione.

Ma qualcuno sorriderà. A partire dai tecnocrati di Bruxelles, dai funzionari Ocse per finire ai banchieri del Fmi che hanno sempre detto che in Italia si va in pensione prima che nel resto d’Europa.

Addio quindi ai buoni propositi di Quota 41 o della pensione a 62 anni con graduale penalizzazione. Ma anche alla pensione a 64 col ricalcolo contributivo e alle varie proposte Inps, compresa quella più gettonata avanzata dal suo presidente Pasquale Tridico per un’uscita a tranches.