L’Agenzia delle Entrate può spiare i post sui social network per effettuare controlli sul reddito e far emergere evasori e discrepanze tra quanto dichiarato e il tenore di vita condotto? La notizia è stata rispolverata di recente, in seguito alla decisione francese di introdurre questa possibilità di controllo fiscale social nella Legge di Bilancio 2020. A ben vedere però, per l’Italia non costituisce una novità: ci sono circolari del 2016 (Circolare Agenzia delle Entrate n. 16/E del 28 aprile 2016) che prevedono questo strumento di controllo fiscale online facendo riferimento generico a “fonti aperte”.

Sono inclusi, quindi, anche i contenuti dei post su Facebook, Twitter e Instagram.

Post su Facebook e Social possono valere come prove in giudizio

I funzionari dell’Agenzia delle Entrate possono quindi fare appello a quanto pubblicato sui social per provare l’evasione fiscale. Del resto anche nelle cause di separazione e divorzio vengono usati spesso come prova i post sui social network. Chi ha l’abitudine di condividere informazioni private sui social, potrebbe sbilanciarsi pubblicando dati sulla propria residenza, sul proprio stato sentimentale o su acquisti costosi non conformi al reddito dichiarato. Anche i dettagli delle foto pubblicate possono fare la differenza in sede di giudizio e costituire indizi di colpevolezza: così l’abbigliamento, i ristoranti frequentati, la casa, l’auto, le vacanze etc. A tal proposito il ministro francese ha spiegato: “Se dici che non sei residente fiscale in Francia ma continui a pubblicare foto su Instagram dalla Francia, potrebbe esserci un problema”.

La differenza tra la normativa d’oltralpe con quanto già accade da noi è che in Francia il controllo fiscale sui social potrebbe diventare automatico e meccanico: è allo studio un software capace di incrociare i dati online facendo emergere gli evasori. In Italia invece, ad oggi, il controllo viene fatto da funzionari quindi prevede l’intervento umano e presuppone che vi siano già dei sospetti di colpevolezza di evasione fiscale.

Un limite all’attuazione di questa norma potrebbe essere imposto dalla tutela della privacy dei dati personale: il rischio è quello di ledere la riservatezza degli utenti. La soluzione potrebbe essere quella di basarsi solo sui post pubblici e non anche con quelli condivisi con un numero limitato di contatti. Impostare questo filtro a tutela della privacy su Facebook potrebbe dunque anche aiutare ad evitare controlli fiscali sui post in bacheca.