Se dopo l’accredito del contributo a fondo perduto previsto dal d.l. Rilancio, il contribuente si accorge di non rispettare i requisiti richiesti dalla normativa, è possibile la sua restituzione in ravvedimento.

Ecco in chiaro l’iter da seguire e la sanzione da versare  oltre agli interessi e al contributo illegittimamente percepito.

I contributi a fondo perduto previsti dal Decreto Rilancio

Il D.L. 34/2020, c.d decreto rilancio, ha previsto un contributo a fondo perduto. Difatti, il contributo spetta ai titolari di partita Iva che esercitano attività d’impresa e di lavoro autonomo o che sono titolari di reddito agrario.

Il contributo  è commisurato alla diminuzione di fatturato subita a causa dell’emergenza covid-19. A tal proposito, maggiore è la perdita di fatturato maggiore è il contributo riconosciuto.

I requisiti da rispettare

Possono ottenere l’agevolazione i contribuenti che nel 2019 hanno conseguito un ammontare di ricavi e compensi non superiore a 5 milioni di euro.

E’ necessario, inoltre, soddisfare una delle tre seguenti condizioni:

  • aver avuto un ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi dell’ammontare del mese di aprile 2019;
  • aver iniziato l’attività dopo il 31 dicembre 2018;
  • avere il domicilio fiscale o la sede operativa situati nel territorio di Comuni colpiti da eventi calamitosi, i cui stati di emergenza erano in atto alla data del 31 gennaio 2020.

Quali sono le tempistiche da rispettare per richiedere i contributi a fondo perduto?

L’istanza di richiesta può essere inviata anche direttamente dal contribuente ( credenziali SPID, CNS, Fisconline). In alternativa all’invio tramite il proprio consulente di fiducia. L’invio può avvenire solo in via telematica dal 15 giugno al 13 agosto 2020. Al contrario, nel caso in cui il soggetto richiedente sia un erede che continua l’attività per conto del soggetto deceduto, le domande possono essere inviate dal 25 giugno al 24 agosto 2020.

Soggetti esclusi

Il contributo non spetta:

  • ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell’istanza;
  • agli enti pubblici di cui all’articolo 74 del TUIR (gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, le unioni di comuni, i consorzi tra enti locali ecc);
  •  agli intermediari finanziari, società di partecipazione finanziaria, non finanziaria e assimilati;
  • ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità di 600 euro previste per liberi professionisti – titolari di partita IVA – e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata INPS nonché
  • ai lavoratori dipendenti e ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996.

Anche i lavoratori dello spettacolo sono esclusi nonché i professionisti iscritti alle casse private ( avvocati, commercialisti ecc) e i lavoratori dipendenti.

Ciò non toglie che, il lavoratore dipendente che è al contempo titolare di partita iva possa richiedere il contributo.  Nel rispetto di tutti i requisiti richiesti dalla norma.

L’importo del contributo: dipende anche dal calo di fatturato subito

L’ammontare del contributo è determinato applicando una diversa percentuale alla differenza tra l’importo del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e lo stesso  importo del mese di aprile 2019.

Difatti, si applicano le seguenti percentuali:

  1. 20%, se i ricavi e i compensi dell’anno 2019 sono inferiori o pari a 400.000 euro
  2. 15%, se i ricavi e i compensi dell’anno 2019 superano i 400.000 euro ma non l’importo di 1.000.000 di euro
  3. 10%, se i ricavi e i compensi dell’anno 2019 superano 1.000.000 di euro ma non l’importo di 5.000.000 euro.

Il contributo è comunque riconosciuto per un importo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

L’accredito dell’importo spettante avviene direttamente sul conto corrente del richiedente.

La restituzione del contributo a fondo perduto: possibile ricorrere al ravvedimento

Una volta ottenuto l’accredito, potrebbe accadere che il contribuente si accorga di non rispettare uno dei requisiti di ammissione alla misura agevolativa. In tale caso, è consentito regolarizzare spontaneamente la propria partita con il fisco. Difatti, sarà necessario versare, non solo l’importo del contributo non spettante ma anche:

  • la sanzione del 100% del contributo accreditato (art.13 comma 5 D.Lgs 471/1997)nonché i
  • relativi interessi (4% annuo).

La sanzione può essere versata anche in ravvedimento. Ad esempio, per una regolarizzazione avvenuta entro 10 gg la sanzione è ridotta al 10%. Difatti, in attesa di conferme ufficiali, potrebbe essere ammessa la possibilità di ravvedimento frazionato. Dunque, restituisco per prima il contributo e successivamente la sanzione. In tale caso la riduzione sanzionatori applicabile è quella in cui la stessa viene effettivamente versata.

Difatti, nessuna sanzione è applicata, in caso di rinuncia al contributo prima della sua erogazione.

Se non restituisco il contributo ottenuto illegittimamente?

In tale caso, oltre alla sanzione dal 100 al 200% (non più ravvedibile), si applica inoltre la pena prevista dall’articolo 316-ter del Codice penale in materia di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Oltre alla confisca del contributo, alternativamente è prevista:

  • la reclusione da 6 mesi a 3 anni;
  • nel caso di contributo erogato di importo inferiore a 4.000 euro, la sanzione amministrativa da 5.164 euro a 25.822 euro, con un massimo di tre volte il contributo indebitamente percepito.

Colui che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia è inoltre punito con la reclusione da due anni a sei anni.