A fine anno arriva la stangata sui dossier titoli in banca. Allontanato lo spettro di una nuova patrimoniale proposta da Pd e Leu e pagata la seconda rata Imu 2020, si presenta adesso il conto per gli strumenti finanziari.

La patrimoniale sui depositi

Si tratta del prelievo ricorrente pari allo 0,20% delle consistenze finanziarie detenute sui dossier titoli bancari e postali. Bot, azioni, obbligazioni, titoli di stato, fondi d’investimento, Etf, ecc. sono soggetti dal 2012 a un prelievo forzoso annuale. Una patrimoniale ricorrente che le banche applicano, quali sostituti d’imposta, sui conti dei risparmiatori.

Per chi detenesse sul dossier titoli 10.000 euro in Btp, a titolo di esempio, dovrà quindi versare allo Stato 20 euro a fine anno. L’imposta è calcolata sulle giacenze del deposito titoli al 31 dicembre 2020 ed è prelevata automaticamente dalla banca o intermediario finanziario agendo da sostituto d’imposta che poi la girerà al fisco.

Imposta di bollo sul dossier titoli

L’imposta di bollo sul deposito titoli, Introdotta nel 2012 col decreto “Salva Italia” colpisce tutti gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, fondi comuni, certificati di deposito, Etf, ecc.) custoditi dagli intermediari finanziari per conto dei loro clienti.

Si paga annualmente fotografando le consistenze sul dossier titoli al 31 dicembre di ogni anno, ma molte banche la ripartiscono trimestralmente. Questo per impedire che i risparmiatori ben informati, vendano gli strumenti finanziari prima della scadenza prestabilita azzerando quindi il dossier titoli per evitare di subire il salasso.

Escamotage che non sempre funziona visti i costi e le commissioni di compra vendita degli strumenti finanziari da sostenere che annullerebbero gli effetti del risparmio fiscale.

Quanto e come si paga?

L’imposta di bollo sul dossier titoli, come detto, vale lo 0,20% del valore totale degli strumenti finanziari posseduti. Inizialmente la tassa era stata introdotta dal governo Monti con una percentuale allo 0,10%, poi aumentata col tempo fino all’attuale aliquota.

Il calcolo è fatto sommando i valori degli strumenti finanziari detenuti dal risparmiatore alla data del 31 dicembre di ogni anno. Per cui fa fede l’estratto conto depositi titoli redatto e inviato al cliente come base imponibile su cui applicare l’imposta.

Tale imposta è quindi pagata sulla scorta dell’invio della comunicazione che per molti intermediari finanziari può avvenire anche con cadenza trimestrale o semestrale. In questi casi l’imposta dello 0,20% annuo è frazionata proporzionalmente in base ai valori finanziari detenuti nel momento in cui la banca o l’intermediario comunicano l’estratto conto depositi titoli. Alcune banche restano, però, ancora ferme all’invio dell’estratto conto annuale al 31 dicembre, come recita la legge:

“l’estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato.

Casi di esenzione sul dossier titoli

L’imposta di bollo sul dossier titoli non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo risultante dagli estratti e dai libretti è complessivamente non superiore a 5.000 euro.

Pertanto può succedere che un investitore attento provveda svuotare il deposito titoli poco prima della redazione dell’estratto conto. In maniera tale che la valorizzazione del proprio portafoglio sia pari a zero per poi riacquistare gli strumenti finanziari subito dopo.

Un espediente che è spesso di difficile attuazione poiché sulla compravendita dei titoli vengono applicate delle commissioni. Un costo che potrebbe vanificare il risparmio sul pagamento dell’imposta sul dossier titoli. A maggior ragione se questa imposta viene applicata con cadenza trimestrale.

Una tassa iniqua e sbagliata

La patrimoniale sugli strumenti finanziari, oltre che porsi in contrasto con i principi costituzionali che tutelano il risparmio in ogni sua forma (art. 47 Cost.), appare iniqua e sbagliata.

Molti economisti l’hanno criticata, ma non essendo ben visibile come lo è, ad esempio, l’Imu o il bollo auto, non fa notizia. E le proteste hanno sempre trovato scarso accoglimento negli ambienti parlamentari.

Anche perché l’imposta di bollo sul possesso degli strumenti finanziari si inserisce in un contesto già pesantemente oppresso dal fisco, laddove esiste già un prelievo forzoso del 26% sulle rendite finanziari, oltre alle imposte sulla tenuta del conto corrente, per non parlare dalla Tobin Tax.  Insomma, il clima per i risparmiatori è vessatorio e controproducente per attrarre investimenti nel nostro Paese.