Buonasera,

le scrivo in merito alle regole del congedo straordinario per il quale ho letto alcune sue risposte che trovo molto chiare.
La giurisprudenza è un po’ carente in chiarezza in merito; è abbastanza evidente che chi usufruisce di tale congedo sia autorizzato dall’Inps in base a una situazione di gravità, ma non è altrettanto chiaro il limite a cui chi ne usufruisce è sottoposto.
Sto usufruendo del congedo per mia mamma. Ho fatto richiesta iniziale di 6 mesi, in ragione del mancato riconoscimento dell’accompagnamento (cui sto provvedendo con rivalutazione della gravità) per potermi occupare di lei. 
Al momento vive con me ma dietro sua richiesta ho provveduto a preparare un appartamento (sotto il mio) dove lei e noi si abbia anche un minimo di privacy. La ragione è dovuta al fatto che io convivo e il mio compagno per quanto disponibile oltremisura (avendo accettato i miei 3 figli e ora anche la mamma) sottoposto a tutto questo stress prima o poi farà i bagagli. 
La mia domanda è quindi la seguente: posto che ovviamente durante il giorno mi occuperò della mamma, che non è in grado ne di cucinare ne di lavarsi da sola, tantomeno di uscire, ho anche la necessità di occuparmi della salvaguardia della mia vita personale. Non significa andare in vacanza ma potermi permettere ogni tanto una cena a due o una banale passeggiata, sempre accertandomi della disponibilità di qualcuno che al bisogno possa stare con la mamma. Significa che se dovessi essere “beccata” a pensare anche alla mia vita personale (che non è poca cosa considerando l’insieme) potrei incorrere in licenziamento? Non comprendo sinceramente questa cosa considerando che il congedo retribuito non è retribuito per l’annullamento della vita personale 24 ore su 24. 
Mi scuso se i miei dubbi in merito le siano già più volte stati esposti da altri ma è davvero assurdo pensare che oltre all’aggravio di doversi assentare dal lavoro non per diletto ma per dovere, che comporterà sicuramente una penalizzazione professionale al rientro, la persona debba anche annullare la propria esistenza. 
Ringraziandola per la cortese risposta la saluto molto cordialmente.
La legislazione al riguardo non è chiarissima, non specifica quello che si può o non si può fare, ma credo che il buonsenso ci possa suggerire in ogni caso come comportarci: andare a fare un viaggio di piacere è sicuramente fuori luogo durante il congedo straordinario, recarsi dal proprio medico curante non lo è affatto, così come non lo è andare dal barbiere o a fare spesa o qualsiasi altra commissione che rientra nelle necessità quotidiane.
L’importante, a mio avviso, è mettere l’interesse del disabile sempre al primo posto senza, per questo, annullarsi come persona.
Non si può pretendere che chi si assume il compito della cura di un familiare disabile per 2 anni non abbia più una  vita personale e penso che una volta soddisfatte tutte le necessità della persona che si assiste anche una passeggiata sia lecita (anche per la propria sanità mentale) a patto che ci si accerti sempre della cura della persona da accudire. Una cena fuori ogni tanto, tra l’altro, non credo possa nuocere alla persona di cui ci si prende cura se si lascia qualcuno ad assistere il proprio familiare.
La Corte di Cassazione ha condannato i lavoratori che hanno chiesto permessi ai sensi della legge 104/92 non solo nei casi di congedi straordinari utilizzati parzialmente per trascorrere, ad esempio, fine settimana in vacanza, ma non credo che una figlia devota che si occupa dei bisogni del proprio genitore concedendosi di quanto in quanto qualche ora di svago possa essere accusata di utilizzare illecitamente il congedo straordinario.

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