Un mese di congedo parentale in più retribuito all’80%. Così il governo Meloni ha intenzione di tutelare maggiormente le madri lavoratrici che spesso sono costrette a rientrare prima al lavoro per non perdere soldi.

Al momento il congedo parentale facoltativo, riservato a uomini e donne, è indennizzato solo al 30%. Può essere usufruito per una durata massima di tre mesi dal padre e tre mesi dalla madre entro il 12esimo anno di vita del bambino.

Congedo parentale, 30 giorni in più pagati all’80%

Molte lavoratrici si trovano però in difficoltà economica e spesso non ne fanno uso.

Del resto il 30% della retribuzione è poca cosa soprattutto se lo stipendio non è alto e le spese quotidiane aumentano. Soprattutto dopo l’arrivo di un figlio.

Così Meloni ha pensato bene di aumentare l’indennità per 30 giorni del congedo parentale facoltativo portandola all’80% della retribuzione. In modo da tutelare maggiormente la maternità, come avviene in molti altri paesi europei.

Benché sia possibile fruire del congedo parentale fino al 12esimo anno di vita del bambino, come previsto dalle novità introdotte ad agosto 2022 dal decreto n. 105 del 2022, solo entro il sesto anno di vita si potrà ottenere l’indennità maggiorata. L’Inps pagherà automaticamente l’80% della retribuzione in corso verificando il diritto partendo dalla data di nascita del figlio.

Più tutele per le lavoratrici madri dal 2023

Si va quindi verso una graduale estensione delle tutele delle lavoratrici madri. Cosa che in Italia manca da anni e che nessun governo ha mai seriamente preso in considerazione. Dice Meloni:

Sul congedo parentale sempre pensato che molte madri non se lo potessero permettere con il 30% della retribuzione. Noi abbiamo aggiunto un mese di congedo facoltativo retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita. Una sorta di salvadanaio del tempo senza ritrovarsi in condizione economiche difficili”.

In questo senso va anche la riforma delle pensioni con Opzione Donna che dal prossimo anno vedrà innalzarsi l’età pensionabile.

Si passerà da 58 a 60 anni, ma per le lavoratrici con figli il requisito resterà fermo a 58 anni. Sarà anche equiparata l’età di uscita che diventa la stessa per tutte, al di là del fatto che si tratti di dipendenti o autonome.

Non bisogna infatti dimenticare che il peso del carico di cura familiare per una donna resta centrale. Nel 2021 – secondo i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro – le lavoratrici che hanno dovuto sospendere o rinunciare al lavoro durante i primi 3 anni di vita dei figli sono circa 38.000. Gli uomini, meno della metà. Si tratta di numeri che pochi conoscono, ma rendono bene l’idea della differenza di genere e della necessità di rafforzare il cogedo parentale.