Congedo parentale straordinario: quando e come è garantita la retribuzione per i periodi di assenza dal lavoro? E qual è la procedura per fare domanda e richiedere più giorni? Un lettore ci chiede:

“Buongiorno,

sono un dipendente pubblico e ho due disabili da assistere in famiglia, moglie e figlio, per cui usufruisco 6 giorni al mese di permesso.

A causa delle grosse difficoltà, ho già usufruito di due anni di permesso ricorrendo alla legge 104 per mio figlio. A livello giuridico, avendo una situazione complicata (con figlio autistico grave e moglie malata di colonstomia definitiva portatrice di Poth), a chi posso richiedere il permesso di usufruire di un altro biennio frazionato nei momenti di bisogno, non avendo nessuno che mi aiuta, tipo quando le scuole sono chiuse e mia moglie da sola non riesce a gestire nostro figlio di 16 anni?

Ho scritto al giudice tutelare ma mi dice che lui non c’entra. Stessa cosa INPD E INPDAP.

Grazie”.

Il congedo straordinario è un periodo di assenza dal lavoro retribuito concesso ai lavoratori dipendenti che assistano familiari con disabilità grave (ai sensi dell’articolo 3, comma 3, legge 104 del 5 febbraio 1992).

Vi sono tuttavia delle priorità nel riconoscimento e delle regole precise per quanto riguarda decorrenza e durata.

Vediamo, nello specifico, come funziona.

Congedo retribuito per assistenza a figlio disabile: a chi spetta

Il congedo straordinario spetta ai lavoratori dipendenti secondo il seguente ordine di priorità:

  • coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente della persona disabile in situazione di gravità;
  • padre o madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile convivente;
  • figlio convivente della persona disabile in situazione di gravità, esclusivamente nel caso in cui il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • fratello o sorella convivente della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente, entrambi i genitori e i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli/sorelle conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, ma che tale convivenza instauri successivamente, nel caso in cui il “coniuge convivente”, la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi”, i “parenti o affini entro il terzo grado conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

C’è proprio una linea “gerarchica” da rispettare.

Per cui il padre viene solo dopo il coniuge convivente, ma nel caso del nostro lettore siamo di fronte al parente più prossimo con priorità rispetto agli altri, trattandosi di assistenza a un figlio minore e non sposato.

Fino a 4 anni di congedo straordinario (ma non per tutti): come funziona

Il legislatore riconosce fino a un massimo due anni di congedo straordinario, fruibile nell’arco della vita lavorativa. Tale limite è complessivo fra tutti gli aventi diritto per ogni disabile grave. Pertanto, chi ha più di un familiare disabile può beneficiare del congedo per ciascuno di essi. Secondo quanto specificato dall’Inps, chi ha più di un familiare disabile può beneficiare del congedo per ciascuno di essi, non potendo però richiedere il cd.

“raddoppio” (ovvero due anni per ogni figlio disabile).

Le cose però cambiano con la sentenza della Cassazione n. 26605 del 23 novembre 2020. La Corte territoriale ha ritenuto che l’interpretazione corretta della norma sia quella che “privilegia il diritto dei bambini portatori di handicap ad ottenere la maggior tutela del proprio diritto allo sviluppo ed alla salute”. Il giudizio ammette la possibilità di raddoppiare il congedo parentale per ogni figlio (se sono due, quindi, fino a 4 anni).

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 11031/2017 ha inoltre previsto un altro caso di congedo usufruibile oltre i due anni. Si verifica in presenza di due figli disabili gravi, con il genitore lavoratore che può fruirne nel limite di due anni per ciascun figlio e nell’arco della propria vita lavorativa. Il periodo di congedo per il genitore allora raddoppia.

Come abbiamo visto, ad oggi, legge e giurisprudenza non ammettano una diversa richiesta del congedo parentale.

Congedo parentale: come fare domanda

Abbiamo visto limiti e regole relativi alla fruizione del congedo parentale. Per il resto le modalità di richiesta cambiano per il settore pubblico e privato. Nel caso di dipendenti pubblici, infatti, questi devono rivolgersi direttamente all’ufficio di riferimento della PA. Sarà poi l’ente a gestire la domanda e a inoltrarla all’Inps.

I tempi di lavorazione del provvedimento sono stabiliti dalla legge n. 241/1990 in 30 giorni, ma in alcuni casi il legislatore può fissare termini diversi.

La persona per cui si chiede il congedo straordinario deve essere in situazione di disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 104/92. La condizione va riconosciuta dalla competente commissione medica integrata ASL/INPS. La stessa non deve essere ricoverata a tempo pieno (per le intere 24 ore) presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurino assistenza sanitaria continuativa.

Il riconoscimento della disabilità grave produce effetto dalla data del rilascio del relativo attestato. Qualora il provvedimento definitivo non accerti la disabilità grave si procederà al recupero del beneficio fruito.

La domanda presentata per richiedere la fruizione del beneficio da parte del lavoratore che non risulti precedentemente autorizzato alle prestazioni. Le modalità non cambiano anche in caso di congedo raddoppiato.

Resta fermo l’obbligo di comunicare all’Inps e al datore di lavoro ogni variazione delle situazioni di fatto e di diritto. È possibile presentare ricorso contro i provvedimenti di reiezione delle domande di permessi retribuiti. Per farlo occorre rivolgendosi al comitato provinciale della struttura territoriale competente per residenza. Il ricorso al comitato provinciale non preclude la possibilità di adire le vie giudiziarie.