La legge di bilancio 2021, per l’anno 2022, ha stabilizzato il congedo papà. I permessi non sono più sperimentali e i padri lavoratori dipendenti possono fruirne in caso di nascita, adozione, affidamento o collocamento temporaneo di minori (ma anche in caso di morte perinatale del figlio).

Ai padri lavoratori dipendenti oggi spettano dieci giorni di congedo obbligatorio, che possono essere goduti anche in via non continuativa. Ma il datore di lavoro (o i colleghi) possono negarlo?

Per rispondere a questa domanda spieghiamo prima come funziona il congedo papà obbligatorio e qual è la differenza con il congedo facoltativo.

Congedo papà 10 giorni obbligatorio: può essere negato?

Il congedo obbligatorio di 10 giorni è un diritto che opera in automatico per i lavoratori, in aggiunta a quello della madre. Come suggerisce la parola stessa, non dipende dalla concessione o dal riconoscimento del datore di lavoro. E’ la legge che lo prevede. Pertanto, opera in automatico e indipendentemente dalla situazione della madre o dal volere dell’azienda.

Il congedo papà obbligatorio di 10 giorni a partire dal 2022 spetta a prescindere dal periodo di maternità della madre e può essere goduto contemporaneamente. In questi casi, possiamo allora confermare, né il datore di lavoro né tanto meno i dipendenti possono negarlo. 

Nei casi di pagamento a conguaglio, per poter usufruire dei giorni di congedo il padre lavoratore dipendente deve comunicare in forma scritta al datore di lavoro le date di fruizione.

Nei casi invece di pagamento diretto da parte di INPS, la domanda si presenta online all’Ente attraverso il servizio dedicato. In alternativa, si può fare la domanda tramite Contact center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile. Ultima strada è l’intermediazione di enti di patronato.

Congedo facoltativo padre lavoratore: il datore di lavoro o i colleghi possono negarlo?

Diverso dal congedo obbligatorio riconosciuto al padre lavoratore è il congedo facoltativo, condizionato alla scelta della madre lavoratrice di non fruire di un giorno di congedo maternità: il giorno dal padre anticipa quindi il termine finale del congedo di maternità della madre.

Il congedo facoltativo è fruibile anche contemporaneamente all’astensione della madre e deve essere esercitato entro cinque mesi dalla nascita del figlio (o dall’ingresso in famiglia/Italia in caso di adozioni nazionali/internazionali oppure dall’affidamento o dal collocamento temporaneo), indipendentemente dalla fine del periodo di astensione obbligatoria della madre con rinuncia da parte della stessa di un giorno. Infine, il congedo spetta anche se la madre, pur avendone diritto, rinuncia al congedo di maternità.

Il padre lavoratore dipendente ha diritto, per i giorni di congedo obbligatorio e facoltativo, a un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione. Per quanto concerne il computo dei giorni relativi ai congedi in argomento, devono essere computate e indennizzate le sole giornate lavorative.

A differenza di quello obbligatorio, il congedo facoltativo non è un diritto autonomo. Risulta fruibile solo previo accordo con la madre e in sua sostituzione. Per questo motivo dipende dai permessi maternità di quest’ultima.

Se la richiesta viene presentata correttamente ed entro i termini previsti, né il datore di lavoro né i colleghi possono negare l’accesso ai giorni di congedo (anche se facoltativi per la legge). In caso di esigenze strutturali, di gestione o di produzione, potrebbe essere richiesta da parte dell’azienda una certa elasticità su criteri e modalità di fruizione. L’accordo però deve avvenire in sede di contrattazione collettiva. Non sono ammesse decisioni unilaterali del datore di lavoro né concessioni dei colleghi.