E’ sufficiente 37 di febbre per non andare a lavoro e restare a casa in malattia? E se passa il controllo del medico Inps può contestare quanto previsto nel certificato rilasciato dal medico di famiglia?

Medico Inps e medico di famiglia: chi ha ragione con 37 di febbre?

Si ironizza spesso sul modo diverso in cui uomini e donne percepiscono 37 di febbre. Vero è che la temperatura basale è soggettiva. Ma 37 può essere considerato febbre? E soprattutto è sufficiente per avere diritto al riposo per malattia? La decisione è a discrezione del medico Inps che effettua la visita fiscale.

Se quest’ultimo riscontra che il dipendente in malattia sia in realtà nelle condizioni di tornare a lavoro, potrebbe contestare la prognosi del medico curante. Che cosa rischia o che cosa può fare il dipendente in malattia? Stare a casa con 37 di febbre non costituisce un illecito disciplinare: il lavoratore sta infatti evidentemente seguendo le indicazioni del medico di famiglia.

In linea generale, più grave sarà la patologia, e più delicati saranno gli accertamenti richiesti quindi è estremamente improbabile che il medico Inps contesti il certificato. Il più delle volte si limiterà a verificare la reperibilità. Se invece si tratta di febbre bassa, la valutazione è più discrezionale. Se la febbre è scesa e il lavoratore in malattia si sente meglio, non per questo è invece legittimato ad uscire nelle fasce orarie di reperibilità.

Che cosa fare se il medico Inps ritiene che il lavoratore è idoneo a tornare a lavoro prima della fine della durata della malattia?

In prima battuta il dipendente eccepirà il certificato del proprio medico di base, chiedendo che sia annotato esplicitamente sul referto del medico INPS. La valutazione finale è di competenza del coordinatore sanitario della sede INPS territorialmente competente (ex art. 6 DM 15 luglio 1986). In genere questa fase di giudizio tende a confermare la valutazione del medico che ha eseguito la visita fiscale.

In seconda battuta il lavoratore può rivolgersi al Giudice del Lavoro, il quale sarà tenuto ad eseguire un esame della patologia alla luce dei due certificati medici contrastanti, eventualmente nominando un Consulente Tecnico d’Ufficio per chiarire l’idoneità dello stato fisico con la ripresa dell’attività lavorativa.

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