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Commissioni bancarie  e pensioni d’oro. Sono questi i temi che hanno monopolizzato l’attenzione del Senato ieri. Partendo dalle pensioni d’oro, quelle dei manager pubblici, il Governo tecnico  è andato sotto grazie ad un emendamento presentato dal partito di Di Pietro, l’Italia dei valori, che ha reso più stringente il giro di vite sulle cosiddette “pensioni d’oro” e in particolare sulla procedura di calcolo per il trattamento previdenziale dei dirigenti pubblici (vedi anche Contributo solidarietà pensioni e dipendenti pubblici: chiarimenti Ministero).


Passa l’emendamento sulle pensioni d’oro

L’emendamento dipietrista,  approvato con 124 voti favorevoli, 94 contrari e 12 astenuti,  ha difatti abolito la norma che avrebbe permesso ai manager statali, soggetti all’introduzione del tetto retributivo di 293mila euro previsti dal decreto salva-Italia, il Dl 201/11 convertito in Legge n. 214711, di mantenere pensioni per così dire privilegiate, grazie a un calcolo sullo stipendio originario anziché su quello decurtato. La norma che è stata cancellata integrava un comma del decreto Salva Italia, che imponeva un contributo di solidarietà al 3% per gli stipendi dei manager pubblici oltre i 300mila euro annui, una decurtazione però che non era influente ai fini della definizione del trattamento  pensionistico per la parte calcolata prima del 22 dicembre 2011 quando cioè è entrato in vigore il Salva-Italia. Il Sacro Governo Monti, contrario a questa scelta, alla faccia dei sacrifici richiesti agli italiani, non ha potuto, almeno stavolta, fare un granchè è la norma è stata eliminata.


Stop alle commissioni bancarie se lo scoperto del conto non supera i 500 euro

Oltre alle pensioni d’oro, terreno di scontro è stato quello sulle commissioni bancarie. (Ci risiamo!). Si è così introdotta una sorta di deroga per le commissioni bancarie in riferimento alle famiglie in difficoltà, per cui sui conti correnti scoperti fino a 500 euro per meno di 7 giorni a trimestre, le commissioni bancarie vengono azzerate.

La novità votata nella seduta di ieri da Palazzo Madama, prevede che la commissione di istruttoria veloce, introdotta dal decreto salva Italia, non si applicherà alle famiglie e ai clienti titolari di conto corrente se questi dovessero andare in rosso per un importo pari o inferiore ai 500 euro, ma per un tempo limitato ossia non dovrà superare i 7 giorni consecutivi nell’arco di un trimestre bancario.

 

L’origine della commissione di istruttoria veloce

La commissione di istruttoria veloce nasce con il comma 2 dell’articolo 117-bis del decreto legislativo 385 del 1993, il c.d. Testo unico bancario, che recita come “a fronte di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, i contratti di conto corrente e di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione di istruttoria veloce determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi e un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento”. Sulle commissioni bancarie, da molto tempo si trascina una questione in cui finora a risultare vittoriosi sono stati solo gli istituti di credito.

 

Il malcontento delle banche e i grattacapi del Governo

Un emendamento al decreto legge sulle liberalizzazione, il dl n. 1 del 2012, aveva previsto la  nullità di tutte le clausole che stabilivano commissioni sulle linee di credito. L’Abi e il suo presidente Giuseppe Mussari si era dimesso per protesta a questo emendamento, stimando 10 miliardi di spese e oneri a carico del sistema bancario con l’azzeramento delle commissioni bancarie. Le dimissioni dei vertici dell’Abi sono state poi ritirate e per ovviare al problema e alle lamentele e ai piagnistei delle banche, il Governo ha cercato di porre rimedio con il decreto n. 29 del 2012 che ha accordato alle stesse banche la possibilità di applicare commissioni sulle linee di credito solo se non stipulate in violazione delle disposizioni adottate dal Cicr, ossia il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, così come sancito dal DL 201/11 il decreto salva-Italia convertito in legge n.

214/11.

 

La novità approvata in Senato

La novità che passa ora, dopo l’approvazione in Senato, alla Camera dei deputati, introduce sì una deroga per le commissioni a favore di quelle considerate come famiglie disagiate, ma lascia il tempo che trova, visto che lo scoperto non deve superare i 7 giorni nell’arco di un trimestre. Insomma non certo un passo in avanti, ma l’ennesimo sconfitta, visto che alcuni senatori puntavano a ripristinare l’azzeramento delle commissioni bancarie.

 

L’Osservatorio per l’erogazione del credito da parte di banche a imprese

Altra novità presentata dal decreto è l’ampliamento del c.d. Osservatorio per l’erogazione del credito da parte degli istituti di credito alle imprese. Un Osservatorio che nasce presso il Ministero dell’Economia e alle cui  riunioni parteciperanno, i rappresentanti dello stesso dicastero e di cui uno ne sarà presidente, i rappresentati del Ministero dello Sviluppo e della Banca d’Italia, nonché le  associazioni di rappresentanza dei consumatori e delle aziende e un rappresentante dell’Abi.
Il ruolo dell’Osservatorio sarà quello di monitorare l’accesso al credito e le famiglie e i consumatori potranno anche rivolgersi al Prefetto quando il credito verrà loro negato. Sarà poi il Prefetto a chiedere direttamente alla banca il motivo del diniego di accesso al credito.