Esiste il concreto rischio per molti lavoratori la cui carriera è cominciata dopo il 1995, di non poter andare in pensione nemmeno a 67 anni di età. E nemmeno con i canonici 20 anni di contributi previdenziali necessari per la pensione di vecchiaia ordinaria. Tutto parte da un terzo requisito cui sono chiamati ad adempiere quanti rientrano nel sistema contributivo. Un vincolo che non riguarda chi invece ha iniziato a lavorare prima del 1995. Da questo sorge il dubbio se sia meglio rientrare nel sistema retributivo, magari sfruttando qualche concessione che le normative vigenti prevedono.

Magari riscattando un hanno di contribuzione che serve più che per aumentare l’importo della prestazione, per avere diritto alla prestazione.

“Buonasera, vi chiedo di darmi una mano riguardo a un mio problema che ho riscontrato nel momento in cui ho iniziato a valutare la possibilità di pensionamento. Ho 67 anni di età appena compiuti e mi trovo a non rispettare la terza condizione utile alla mia pensione di vecchiaia. Sono un contributivo avendo iniziato a lavorare dopo il 1997. E anche se ho 20 anni di contributi, la mia pensione calcolata dall’INPS è di 600 euro al mese. Secondo voi per andare in pensione mi basta riscattare l’anno del mio servizio militare? Premetto che sono un dipendente pubblico, lavorando come inserviente per il mio Comune di residenza.”

Da contributivo a misto, ecco come la pensione può essere percepita

Casi come quello del nostro lettore non sono una rarità. Perché sono tanti i contributivi puri che non riescono ad andare in pensione per via del vincolo della pensione che per essere liquidata deve essere pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale. Il nostro lettore arriva a 600 euro di pensione, cioè meno di 754 euro circa che è la pensione 2023 pari a 1,5 volte l’assegno sociale (che è da 503 euro al mese per il 2023). L’unica via che ha il nostro lettore per non dover attendere i 71 anni di età è quella che lui ha indicato, e che parte dal servizio militare.

Infatti solo a 71 anni di età, per i contributivi puri che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, viene meno il fattore dell’importo della prestazione. Significa che a 71 anni il nostro lavoratore potrà andare in pensione anche solo con 600 euro di assegno come oggi è il calcolo della sua prestazione. Ma riscattando il servizio militare può andare in pensione subito. Passando però da un altro strumento previdenziale che è il cumulo.

Cumulo e non ricongiunzione per lo statale che deve sfruttare il servizio militare

Se il nostro lettore riscatta il servizio militare, da contributivo diventa retributivo. Essendo l’anno del servizio militare antecedente sicuramente il 1996, perderebbe lo status di contributivo. E la sua pensione a 67 anni sarebbe distaccata dai limiti di importo che oggi non gli consentono il pensionamento. Infatti per lavoratori con carriera iniziata prima della riforma contributiva di Lamberto Dini, la pensione di vecchiaia si centra con 67 anni di età. E con 20 anni di contributi a qualsiasi titolo versati. E senza altri particolari vincoli. Il nostro lettore però rientra nel lavoro pubblico mentre l’anno di contribuzione figurativa versata è nel privato. Perché i contributi figurativi finiscono nella cassa dei dipendenti del settore privato.

Occhio alla contribuzione figurativa per la pensione

Non essendoci altri contributi oltre ai già citati figurativi nella cassa dei dipendenti privati, il nostro lettore non potrà riunificare i contributi con lo strumento della ricongiunzione. Infatti senza contributi effettivi la ricongiunzione dei contributi, che il nostro lettore dovrebbe fare verso la cassa dei dipendenti pubblici dove ha versato gli altri, non è ammessa. Ma ciò non vuol dire che non ci sia alternativa. Perché dovrà utilizzare il cumulo, con la pensione calcolata in quota da diverse casse pensionistiche.

La pensione resterà quindi da 600 euro più qualche euro che percepirà per via di questo anno di contribuzione figurativa da servizio militare.