La pensione di vecchiaia, come noto, si ottiene a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi. Sono questi i due requisiti basilari necessari per poter accedere alla rendita Inps. In alternativa si può uscire dal lavoro con 41-42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età, così come previsto dalla riforma Fornero del 2012.

Attenzione, però, perché i requisiti di vecchiaia, per chi ricade nel sistema contributivo puro, non bastano. Cioè sono insufficienti per quei lavoratori che hanno iniziato a versare contributi, cioè a lavorare, dopo il 1995.

In questo caso i 67 anni di età, uniti ai 20 anni di contributi non sono sufficienti. Bisogna anche aver maturato una pensione il cui importo minimo sia almeno pari a 1,5 volte il valore dell’assegno sociale.

In pensione con 20 anni di contributi

Ma torniamo al requisito contributivo minimo. Secondo la normativa vigente, per andare in pensione di vecchiaia a 67 anni bisogna aver versato almeno 20 anni di contributi. Con meno versamenti bisognerà aspettare il compimento dei 71 anni di età. In questo caso la soglia minima contributiva dei 20 anni decade e il diritto alla rendita non si perde.

Tuttavia, come detto, per chi ricade nel regime contributivo puro, cioè ha iniziato a lavorare prima del 1996, 20 anni di contributi potrebbero non essere sufficienti per andare in pensione a 67 anni di età. Questo perché la normativa vigente impone un vincolo economico, cioè aver maturato una pensione pari ad almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale, cioè 755 euro al mese (riferito al 2023).

Cifra comodamente raggiungibile per chi ha alle spalle una normale carriera lavorativa, piena e continua. Ma non per i lavoratori precari, i disoccupati o i lavoratori part time. Per costoro 20 anni di contributi potrebbero non bastare per raggiungere l’importo stabilito.

Uscita anticipata a 64 anni

Tuttavia, per i lavoratori contributivi puri e sempre con 20 anni di versamenti alle spalle, si può andare in pensione anche a 64 anni.

La misura si chiama “pensione anticipata contributiva”. Anche in questo caso, però, è prevista una soglia limite di pensione che non deve essere inferiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale.

Il che corrisponde a circa 1.410 euro al mese (riferito al 2023), quindi non è per tutti, anzi. Allora la domanda che ci si pone è questa: quanto bisogna aver versato per rientrare in questi parametri? Per saperlo bisogna fare un calcolo partendo dal monte contributivo accumulato e applicare il coefficiente di trasformazione che, per il 2023 e l’età anagrafica, corrisponde al 5,184%.

Nel caso in specie, dunque, per ottenere il diritto alla pensione a 64 anni bisogna avere alle spalle un montante contributivo molto alto, di almeno 330 mila euro. Cifra che si può ottenere solo con una retribuzione media elevata realizzata in un lasso di tempo ridotto, di 20 anni appunto. Quindi si tratta di una pensione riservata a pochi fortunati.

Chi va in pensione con 20 anni di contributi

Detto ciò, vediamo chi potrebbe andare in pensione di vecchiaia nel 2023 con 20 anni di contributi. A 67 anni, chi ricade nel sistema di calcolo misto, cioè retributivo e contributivo, quindi senza il vincolo dell’importo di pensione, troviamo i nati nel 1956 (o prima). Per costoro la pensione scatta indipendentemente dal valore del montante contributivo.

Viceversa, sempre per chi è nato nel 1956, ma ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e posto che abbia alle spalle almeno 20 anni di versamenti, occorre che la simulazione di calcolo della rendita dia un importo pari o superiore a 755 euro al mese.

I nati, invece, nel 1957, 1958 e 1959 possono andare in pensione anche a 64 anni, fermo restando l’anzianità contributiva di 20 anni. Per costoro, però, è necessario che i versamenti dei contributi obbligatori IVS siano stati effettuati esclusivamente dopo il 1995. Questo tipo di pensione anticipata è infatti riservata solo a coloro che ricadono nel regime contributivo.