Quali sono le differenze tra la quota 103 e la quota 41 per i precoci? Una domanda che molti si pongono ma a cui dobbiamo dare risposte per comprendere le differenze che esistono tra le due misure che hanno cose in comune, ma anche notevoli differenze tra loro. In ogni modo si tratta di due misure che permettono il pensionamento con 41 anni di contributi versati. E anche nel 2023.

“Sono Davide lavoratore dipendente ormai prossimo ai 41 anni di contributi versati. La verità che mi ha spinto a chiedere informazioni a voi esperti di Investire Oggi sono le scarse risposte che ho avuto dal mio patronato.

A cui mi sono rivolto per capire come mi dovrò regolare nell’imminente futuro visto che sto per completare i requisiti minimi per la pensione. Infatti sto per completare i 41 anni di contributi che dovrebbero consentirmi di accedere alla pensione nei prossimi mesi. Se non sbaglio il prossimo mese di luglio avrò completato quella carriera minima che dovrebbe essere quella canonica per consentirmi il pensionamento.

Le mie domande sono queste: posso andare in pensione con la quota 41 per i precoci dal momento che ho oltre due anni di contributi prima dei 19 anni di età? E poi, posso andare invece in pensione con la quota 103 dal momento che ho compiuto da poco 62 anni di età? Se ho diritto a entrambe le misure, alla luce di questi miei requisiti quali sono i vantaggi dell’una o dell’altra misura?”

Due misure entrambe favorevoli, ma come cambiano per i lavoratori?

Il nostro lettore è uno dei potenziali lavoratori che possono accedere alla pensione non con una ma con due misure nel 2023. Infatti potrà godere dei vantaggi e dei privilegi dell’uscita con 41 anni di contributi versati. Una possibilità che potrà sfruttare sia utilizzando la quota 41 per i precoci, che utilizzando la quota 103 di nuova generazione.

Due misure che sono differenti, anche se il fine ultimo e il risultato sono i medesimi, e cioè lasciare il lavoro con anticipo rispetto ai requisiti ordinari.

La quota 41 per i lavoratori precoci

Servono 41 anni di contributi versati, nessun limite di età ma bisogna entrare in determinate categorie di soggetti. Questo ciò che si può dire subito della quota 41 per i precoci. Limiti e vincoli che se non ci fossero, farebbero diventare la misura l’alternativa alla pensione anticipata ordinaria. A quel punto si parlerebbe di quota 41 per tutti e non di quota 41 per i precoci. Per quest’ultima misura infatti bisogna essere invalidi, disoccupati, caregiver o impegnati nei lavori gravosi. E ancora, serve aver versato almeno un anno di contribuzione prima di aver compiuto i 19 anni di età. A prescindere che questa contribuzione sia stata versata in continuità o meno. Per il resto la misura consente il pagamento di una pensione calcolata in base ai contributi effettivamente versati e con il sistema misto.

La nuova quota 103 e le differenze con la quota 41 per i precoci

La quota 103 invece è una misura che ha un’altra classificazione dal momento che rispetto alla quota 41 per i precoci ha un limite anagrafico da rispettare. Infatti per la quota 41 non esiste un limite anagrafico, mentre per la quota 103 l’età conta eccome. La somma di età e contributi deve essere completata per poter concedere il diritto alla pensione da quotista al richiedente. Oltre a dover aver completato almeno i 62 anni di età, la quota 103 non ha limiti di platea a cui appartenere (invalidi, disoccupati, caregiver), e non bisogna essere per forza precoci.

Un limite però anche la quota 103 lo ha ed è un limite pesante da rispettare. Parliamo del fatto che con la quota 103 il beneficiario non potrà svolgere alcuna attività lavorativa, ad esclusione di quella del lavoro autonomo occasionale e fino a 5.000 euro di redditi annui.

In pratica con la misura vige il divieto di cumulare i redditi da lavoro con i redditi da pensione il che la rende effettivamente una misura poco utile a quanti magari pensano di poter sfruttare la pensione continuando a lavorare arrotondando il loro reddito.

Anche l’importo massimo della quota 103 per la pensione è penalizzante

Effettivamente se un lavoratore vuole lasciare il lavoro prima sfruttando delle misure di pensionamento anticipato, non è sbagliato imporre il fatto che questo lavoratore non deve lavorare più. Sarebbe un controsenso permettere pensionamenti prima del previsto e dare l’ok al fatto che il beneficiario della pensione sia libero di restare in servizio. Quindi, un limite forse giusto quello imposto alla quota 103. Il divieto di cumulare redditi da pensione con redditi da lavoro però non è l’unico limite. Infatti c’è anche il limite all’importo della pensione con la quota 103. Chi prenderà la pensione con la quota 103 deve sapere che c’è un tetto massimo all’importo mensile della pensione fruibile.

Tale limite è fissato a 5 volte il trattamento minimo INPS. In pratica con la quota 103 non si potrà prendere una pensione più alta di circa 2.818 euro al mese. Una cifra a cui si è arrivati nel 2023 per via della nuova indicizzazione del trattamento minimo INPS. Il trattamento minimo INPS rivalutato nel 2023 ha un importo pari a 563,73 euro al mese. Per questo, una pensione lorda pari a 5 volte il trattamento minimo è una pensione di importo pari a 2.818,65 euro lordi mensili. Importo che con la quota 103 non si potrà superare.