La cartella esattoriale non è certo una bella esperienza per i contribuenti. Perché ricevere una cartella non è la cosa più positiva che possa accadere. E sono molti i contribuenti italiani alle prese con questo genere di debiti. Infatti molti debiti di varia natura con gli enti pubblici nel frattempo sono diventati cartelle esattoriali da pagare al concessionario alla riscossione. Ma cosa accade se nonostante una cartella sia ormai prescritta arriva lo stesso la notifica? La prescrizione delle cartelle è ormai argomento pubblico dal momento che tutti i contribuenti italiani sono in sede di verifica personale.

In pratica, sono alla caccia delle loro cartelle esattoriali, per verificare quelle da pagare e quelle da cancellare. O ridotte di importo grazie a sanatoria, rottamazione, cancellazione e stralcio. In pratica, dal momento che c’è una grande senatoria delle cartelle ormai in partenza, i contribuenti sono in procinto di verificare la loro situazione debitoria.

“Gentile redazione mi chiamo Pamela e sono la moglie di un contribuente che ha diverse cartelle esattoriali con l’Agenzia delle Entrate Riscossione. Sto verificando quello che a tutti gli effetti è lo stato passivo di mio marito nei confronti dell’Agente della riscossione e ho notato che compaiono nell’estratto di ruolo due cartelle che consideravo prescritte. Si tratta di due cartelle che da oltre un decennio non davano notizia e che quindi consideravo praticamente scadute e non più da versare. Come posso verificare se le mie ragioni sono fondate e se effettivamente queste cartelle esattoriali devo pagarle comunque?”

La cartella esattoriale per debito prescritto, cosa c’è da fare?

La cartella esattoriale non è altro che un debito fiscale o di altra natura, nei confronti di un ente pubblico, che passa all’incasso del concessionario alla riscossione. In pratica si tratta di un debito che un contribuente può aver contratto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dell’INPS, dell’INAIL, di una Regione o di un Comune.

Ma che diventa cartella esattoriale nel momento stesso che l’ente a cui era dovuto lo ha ceduto al concessionario della riscossione. Oggi questo ruolo di esattore lo ha l’Agenzia delle Entrate Riscossione, mentre in passato era di Equitalia.

Una distinzione che serve soprattutto oggi che con la sanatoria delle cartelle del Governo Meloni, quelle diventate ruolo entro il 2015, se di importo inferiore a 1.000 euro, rientrano nella cancellazione l’ufficio è nello stralcio delle cartelle. In pratica debiti che erano diventati cartella nelle mani di Equitalia, dal momento che l’Agenzia delle Entrate Riscossione solo nel 2017 ha sostituito proprio Equitalia come agente della riscossione.

Come è il funzionamento della prescrizione delle cartelle esattoriali

Per i debiti fiscali come natura, la prescrizione è variabile da 5 a 10 anni. Se invece la cartella esattoriale riguarda il bollo auto dovuto alla Regione, la prescrizione è di 3 anni. In genere tutte le tasse, i tributi, le imposte e qualsiasi altro balzello che un contribuente deve versare allo Stato centrale, ha nei 10 anni il termine ultimo di prescrizione. In pratica un debito se passano 10 anni senza che l’ente o chi per lui, abbia provveduto a sollecitare il pagamento nei confronti dei contribuenti, non può più essere preteso. Per ciò che concerne i debiti dei contribuenti con gli enti locali invece, la prescrizione in genere è di 5 anni. Le esclusioni come già detto riguardano il bollo auto che si prescrive in tre anni.

Gli atti che interrompono la prescrizione

In risposta alla nostra lettrice, non avendo chiaro il quadro completo della situazione di suo marito, possiamo dire che se effettivamente sono passati molti anni da quando il debito era dovuto all’ente che doveva incassarlo. Quindi la prescrizione è probabile che sia sopraggiunta. Ciò che va controllato in questi casi è l’eventuale invio da parte del concessionario alla riscossione o degli enti pubblici a cui una tassa era dovuta, di quelli che si chiamano atti interruttivi della prescrizione.

In altri termini per completarsi, il periodo utile a far sì che una cartella non sia più dovuta, non deve essere stato notificato nulla al contribuente. Nulla che riguarda quel determinato debito naturalmente. Infatti anche una lettera di sollecito di pagamento è un atto che interrompere la prescrizione facendo ripartire da capo il conteggio dei tre, cinque o dieci anni prima citati.

Cosa deve controllare un contribuente in vista della sanatoria delle cartelle

La verifica di non aver mai avuto una comunicazione da parte dell’ente interessato, che interrompeva la prescrizione, è la prima cosa da fare. Non è raro incorrere in errori. Infatti non è raro che a un contribuente venga recapitata una cartella relativa a un debito che lo stesso contribuente considerava (e spesso a ragione) prescritto. Ed è il caso della nostra lettrice. Nel momento in cui si appuri che su quella determinata cartella nessun atto che interrompeva la prescrizione è stato recapitato, l’azione è obbligatoria. Bisognerà promuovere azione nei confronti del concessionario alla riscossione che ha inviato la cartella. Promuovere azione significa interessare un legale affinché promuova ricorso nei confronti dell’agente della riscossione.

Cosa c’è da capire della prescrizione

Dall’avviso di accertamento, dalla notifica della cartella, dalla data in cui le Forze dell’Ordine hanno comminato una multa. Da queste date che parte il conteggio della prescrizione. Da questa data e fino al termine di 3, 5 o 10 anni, non deve essere sopraggiunto null’altro. Se il debito è prescritto, ma arriva comunque la cartella esattoriale, la via legale con ricorso al giudice è l’unica strada. Naturalmente il ricorso per via legale con avvocato è praticamente obbligatorio. Soprattutto se si tratta di una imposta evasa di importo superiore a 3.000 euro. O di una multa per una infrazione al Codice della Strada superiore a 1.100 euro.

Per cifre inferiori il ricorso può essere anche in autotutela. In pratica, senza l’ausilio di un avvocato.