Di questi tempi la parola cartella esattoriale va di pari passo con i termini di sanatoria, rottamazione, stralcio e condono. Sarà perché è appena entrata una novità per certi versi eccezionale che è la tregua fiscale del governo. Un provvedimento unico e a 360 gradi che consentirà a molti contribuenti di mettersi in un certo modo in regola con le cartelle esattoriali. La tregua fiscale, come già detto più volte da noi di Investire Oggi è un contenitore di tante misure e tanti provvedimenti che riguardano cartelle, debiti, avvisi bonari e accertamenti fiscali.

Tante misure dentro la tregua fiscale, e ogni misura consente di definire in maniera agevolata varie situazioni debitorie dei contribuenti.

Ma pagare, anche se in maniera inferiore al debito originario, non sempre è la soluzione più vantaggiosa. Ci sono per esempio, istituti che sono migliori da questo punto di vista. Ci sono la prescrizione, i vizi formali, i ricorsi e le contestazioni. E sono materie che partono tutte da una approfondita conoscenza di ciò che vuol dire cartella esattoriale. Ed è ciò che molti contribuenti che ci scrivono, vorrebbero sapere. Un tipico esempio è un nostro lettore che ci chiede:

“Salve, ho letto numerosi vostri articoli che parlano della rottamazione delle cartelle, di sanatorie e di condoni. Ma io vado contro tendenza e al posto di chiedervi come sfruttare la sanatoria delle cartelle vi chiedo di spiegarmi fin dove può spingersi l’Agenzia delle Entrate Riscossione contro un contribuente come me, con qualcosa come 5.000 euro di cartelle pendenti. E inoltre, cosa significa contestare la cartella, dal momento che secondo me su alcune di quelle a mio carico, avrei pieno diritto a promuovere ricorso.”

Cartelle esattoriali oltre sanatoria e rottamazione: pagamento, riscossione e ricorso

Sfruttare la rottamazione delle cartelle e come fare rappresenta il principale quesito che un contribuente con debiti può presentare. E poi, ci sono quelli che chiedono quali cartelle rientrano nello stralcio, quali invece nella cancellazione automatica e cosa significa sanatoria dell’avviso bonario.

Ma siamo sicuri che i contribuenti sappiano bene cosa significa cartella esattoriale? La cartella esattoriale, chiamata anche e più semplicemente cartella di pagamento è il principale strumento in mano alla riscossione per incassare soldi per nome e per conto di un ente pubblico nei confronti di un contribuente.

Il concessionario alla riscossione, o agente della riscossione si chiama adesso e dal 2017, Agenzia delle Entrate Riscossione (prima del 2017 era Equitalia). Le cartelle però possono riguardare debiti dei contribuenti, non necessariamente erariali, cioè non necessariamente per pendenze nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Infatti una cartella può riguardare un tributo o una tassa evasa nei confronti di un ente locale (Comuni, Regioni ecc.) o multe stradali, sanzioni amministrative, contributi per iscrizione ad albi, contributi previdenziali e così via dicendo.

Come funziona la cartella esattoriale

La cartella esattoriale in genere viene spedita a casa del contribuente per posta e con raccomandata con ricevuta di ritorno. Adesso però stanno iniziando ad essere usati i canali telematici, perché non mancano invii via PEC. Fatto sta che è l’agente della riscossione a mandare la cartella, dentro cui c’è un autentico “invito” a pagare il dovuto, ed entro un termine prefissato che è di 60 giorni. Sulla prima pagina della cartella compare in genere l’ente creditore. Una segnalazione importante questa per capire cosa il concessionario alla riscossione chiede di pagare.

In una cartella comunque vengono riportate anche le motivazioni delle somme richieste, le istruzioni su come pagare e perfino le modalità per impugnarle, che come vedremo dopo, sono importanti. Se il contribuente non muove appunti alla cartella, deve pagare entro i 2 mesi di tempo prima citati. E potrà pagare direttamente agli sportelli del concessionario alla riscossione, oppure in banca o presso gli uffici postali.

Perché si parla di riscossione coattiva o forzosa da parte del concessionario

Oltre a pagare, il contribuente può chiedere il pagamento dilazionato. Soprattutto se il contribuente grava in condizioni di grave crisi economica, le rate sono una soluzione utile e il concessionario le deve concedere per legge. Il meccanismo consente di pagare in 5 anni e in 60 rate mensili. Oppure, per le situazioni gravi nell’immediato, c’è anche la sospensione delle procedure per 12 mesi con conseguente pagamento rateale che parte decorsi i 12 mesi e che consta di 48 rate mensili. Per ottenere le rate nel caso di debiti superiori a 25.822 euro, serve una fideiussione bancaria o assicurativa.

Il mancato pagamento entro il termine di 60 giorni (ma anche la mancata richiesta di rateizzo), ha come conseguenza l’aggravio delle procedure di esecuzione forzata. l’agente della riscossione può passare alle maniere forti e cioè a iscrivere ipoteca sugli immobili di un indebitato (ma anche di chi con lui è coobbligato). Inoltre si può avviare la procedura di fermo amministrativo dei veicoli, o di pignoramento diretto o presso terzi di conti correnti, stipendio o pensione. Le azioni più “irruente” del concessionario possono sfociare anche nell’esproprio di beni mobili o immobili con vendita all’incanto.

Contestazione, impugnazione e ricorso, il contribuente ha le sue armi

Come detto in premessa, e in risposta al nostro lettore, va detto anche che il contribuente ha diritto a contestare l’addebito. Una volta arrivati alla cartella, il contribuente se ritiene errata la cartella può contestarla direttamente all’agente della riscossione. Ma solo se l’errore riguarda la cartella, le sue modalità di richiesta, i suoi invii e le sue notifiche. Se il contribuente in autotutela ha ragione, è lo stesso concessionario a provvedere allo sgravio, che altri non è che la cancellazione della cartella. Ma se l’errore è a monte, ovvero se il contribuente crede che sia l’oggetto della cartella a essere sbagliato, deve promuovere azione contro l’ente a cui la tassa, la multa o il debito in genere era dovuto in origine.

In questo caso, se il contribuente ha ragione, sarà l’ente che ha ordinato al concessionario di incassare per suoi conto il credito, di sgravare la cartella e di cancellarla. Dopo il ricorso, se il concessionario non ha cancellato l’addebito, dall’autotutela il contribuente deve passare a presentare ricorso alla Commissione tributaria. Ed entro 60 giorni dalla notifica della cartella. In contemporanea al ricorso in Commissione, l’interessato deve presentare istanza di sospensione della riscossione. Infatti il semplice ricorso in commissione tributaria non sospende la riscossione delle somme iscritte a ruolo.