Parlare di cartelle esattoriali che non vanno pagate per errori commessi da Equitalia una volta o da Agenzia delle Entrate riscossione adesso non è certo una novità. Ciò che è nuovo invece è la motivazione per cui moltissime cartelle esattoriali potrebbero essere annullate. Infatti pare che l’Agenzia delle Entrate Riscossione più volte ha commesso degli errori nell’invio delle cartelle esattoriali tramite posta elettronica certificata. E molti contribuenti potrebbero salvarsi da un pagamento che altrimenti sarebbe praticamente obbligatorio.

“Buonasera, sono un vostro assiduo lettore e sono un imprenditore da più di 40 anni.

Purtroppo ho diverse cartelle esattoriali per diverse tasse che non ho potuto versare. Ho letto da qualche parte che ci sono delle cartelle esattoriali che hanno un vizio dal punto di vista dell’invio da parte del concessionario della riscossione. Un vizio che potrebbe portare le cartelle ad essere annullate. Pare infatti che ci siano problemi con la PEC, che poi è lo strumento con cui l’Agenzia delle Entrate riscossione mi ha inviato le cartelle. Di cosa si tratta effettivamente e cosa dovrei controllare per verificare se sono tenuto a pagare o meno?”

Le cartelle esattoriali via PEC, ecco come dovrebbero essere inviate

 

Senza voler spingere il contribuente ad evadere il fisco, perché le tasse sono un dovere civico da parte tanto di imprenditori che i singoli contribuenti, ciò che ci dice il nostro lettore non è lontano dalla realtà. Infatti ci sono delle cartelle esattoriali che potrebbero essere nulle, cioè potrebbero essere prive di quegli effetti per cui sono nate, ovvero il pagamento da parte dei contribuenti. Ormai il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione è completamente digitalizzato, ed anche le cartelle esattoriali non fanno eccezione. Soprattutto per le imprese l’invio di questi atti ormai non è più cartaceo ma telematico, tramite la posta elettronica certificata. Ed è proprio su questo che si basa un errore che ha consentito per esempio ad un contribuente di risparmiare oltre un milione di euro di cartelle dovute al fisco.

Un semplice errore di invio da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, perché sbaglia casella postale di partenza dell’atto.

Le PEC e i pubblici registri

La PEC, acronimo di posta elettronica certificata, è l’alternativa moderna alle normali raccomandate con ricevuta di ritorno. Infatti tramite posta elettronica certificata si possono ricevere documenti e atti che prima andavano ricevuti obbligatoriamente con la posta ordinaria e con la ricevuta di ritorno. Utilizzare la PEC è ammesso dalla Legge oggi, ma le Pubbliche Amministrazioni che provvedono a inviare atti ai contribuenti devono utilizzare un indirizzo di posta elettronica certificata tra quelli scritti nei pubblici registri delle PEC. L’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica certificata non presente negli elenchi, rende l’atto nullo. In pratica è come se un contribuente non l’avesse ricevuto.

Cosa verificare nella comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione per le cartelle esattoriali

Il suggerimento è quindi di controllare la provenienza della PEC e soprattutto l’indirizzo utilizzato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione. Soprattutto adesso che a settembre ripartirà l’invio di tutte quelle cartelle esattoriali bloccate per l’emergenza pandemica, questa cosa interessa una moltitudine di contribuenti. Tornando al caso specifico dell’indirizzo errato da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, va sottolineato che l’indirizzo esatto da cui l’atto dovrebbe provenire è: [email protected].

Ecco l’errore che può salvare il contribuente dalle cartelle esattoriali

Ciò che è emerso da numerosi ricorsi alle commissioni tributarie, tra cui qualcuno che è andato a buon fine, è che l’Agenzia delle Entrate Riscossione utilizza un indirizzo PEC diverso. Una PEC differente da quella che andrebbe utilizzata. Un indirizzo sempre ufficiale e istituzionale, ma obsoleto e non più presente negli archivi.

Il contribuente che riceve le cartelle provenienti da “[email protected]”, potrebbe non dover versare nulla. I giudici tributaristi infatti hanno iniziato a contrastare l’Agenzia delle Entrate Riscossione.  Infatti il concessionario sosteneva come, l’obbligo di registrazione della PEC sui pubblici registri riguardasse solo la PEC del ricevente, cioè del contribuente. Invece il nuovo orientamento va nella direzione dell’obbligo di presenza nei registri anche dell’indirizzo di partenza della mail.