Dal prossimo anno l’imposta sul capital gain e sulle rendite finanziarie potrebbe cambiare. La legge delega per la riforma del fisco prevede anche questa opzione nell’intenzione di rendere più equa la tassazione in Italia.

Ma come cambierebbe il capital gain dal 2022? Posto che l’aliquota minima degli scaglioni Irpef è pari al 23%, l’idea è quella di abbassarlo a tale livello. Tre punti percentuali in meno che farebbero sorridere gli investitori e i risparmiatori.

La riforma del capital gain

In Italia il fisco è particolarmente pressante sui guadagni di borsa.

Gli interessi e il capital gain sono tassati al 26%, eccezion fatta per i titoli di Stato e strumenti finanziari equiparati. In questo caso l’imposta è più vantaggiosa, al 12,50%.

Portare al 3% l’imposta sulle rendite finanziarie, però, comporta anche la rinuncia a cospicue entrate fiscale. In Italia rappresentano circa 10 miliardi all’anno e non sono pochi. Oltretutto da anni la sinistra si batte per un inasprimento delle tasse sui capitali.

La quadratura sul capital gain potrebbe quindi essere trovata su un riordino dell’imposta. Non è ancora chiaro come il governo agirà in questo senso, ma è probabile che l’imposta possa essere recuperata da altre parti, sempre nell’ambito delle rendite finanziarie.

Magari alzando quella sui titoli di stato o sulle pensioni integrative i cui rendimenti sono tassati al 20% e le rendite al massimo subiscono un prelievo del 15%.

La Tobin Tax

Un altro capitolo che potrebbe subire ritocchi è quello della Tobin Tax. La tassa sulle transazioni finanziarie è stata fallimentare e non ha contribuito a generare quel gettito  finanziarie che ci si aspettava. Oltretutto ha frenato gli investimenti.

Per essere veramente efficace sarebbe dovuta entrare in vigore almeno in tutta Europa. Invece è stata applicata sono in Italia, Franca e Spagna. Ne è rimasta fuori la Germania che il più grande mercato continentale, insieme alla Gran Bretagna.

Mantenere la Tobin Tax (l’aliquota è pari allo 0,10% del controvalore di scambio di strumenti finanziari azionari e derivati) vorrebbe dire frenare gli investimenti. A fronte di incassi per il fisco che non raggiungono i 900 milioni di euro all’anno.