La proposta 5 Stelle, a firma della deputata Maria Laura Paxia, membro della commissione di Vigilanza Rai, prevede l’abolizione del Canone Rai dal 2020 mantenendo però un sistema che permetta all’azienda di viale Mazzini “di avere un bilancio e di lavorare bene”.

Come compensare il gettito perso con l’abolizione del canone RAI? Eliminando il tetto alla pubblicità in primis. Il canone sarebbe poi rimpiazzato da un gettito ricavato dall’imposta sui servizi digitali, da una tassa sui ricavi delle emittenti radiofoniche e televisive diverse dalla Rai e, in percentuale residua, da un’imposta sui ricavi delle emittenti a pagamento, incluse quelle analogiche.

Spetterebbe al ministero dello Sviluppo economico e di quello delle Finanze stabilire ogni anno l’ammontare delle imposte.

L’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo però non è convinta: da viale Mazzini arriva la bocciatura della proposta di legge. Riccardo Laganà, consigliere indipendente del consiglio di amministrazione, l’ha definita un’idea “impraticabile”. Il consigliere teme infatti che “inserendo il sostegno alla Rai nella fiscalità generale la si renderebbe dipendente dai governi di turno, asservita alle decisioni politiche e loro strumento di propaganda. Il canone certo è garanzia di indipendenza economica dunque politica”.

I grillini non sono soli nel sostenerla: il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, ritiene che il canone televisivo in un’epoca digitale sia un balzello anacronistico e da superare. Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva e membro della commissione di vigilanza Rai, ha lanciato una petizione su Change.org contro il canone TV “Abolire il Canone Rai”: la proposta di legge per eliminare la tassa sulla tv”

Tuttavia le critiche non mancano anche da fuori. Perplessa anche l’ADUC: l’associazione dei consumatori teme che si tratti di un mero “artefizio contabile”. In altre parole si cambierebbe il nome ma il servizio pubblico continuerebbe a gravare sui contribuenti.

Nello specifico si tratta solo di chiamare in altro modo la stessa cosa, prelevando in modo meno evidente al contribuente i soldi per pagare il servizio pubblico radiotelevisivo e, di fatto, farsi paladini dell’abolizione dell’imposta più odiata dagli italiani”. l’Aduc richiama anche il referendum del 1995 per la privatizzazione della RAI, del cui risultato il Governo avrebbe dovuto tener conto.