Buongiorno, ho trovato per caso una storia analoga a quella di mio marito e volevo capire se potevo fare qualcosa. Lavora da 9 anni in un ipermercato, per 8 ha sempre fatto il salumiere, poi per cause non dovute da lui é stato spostato in reparto a caricare gli scaffali ma il problema nasce quando poche settimane fa é stato spostato in ortofrutta. Premetto che i capi gli hanno parlato spiegandogli che non era una punizione ma il solo bisogno coprire un reparto. Mio marito ha iniziato a non dormire la notte, mangia poco (ha perso sette kg in due settimane) suda freddo (con 30 gradi esterni) é pallido, si sente soffocare al solo pensiero che deve tornare al lavoro; insomma veri e propri attacchi di panico. Abbiamo provato a parlare con i capi ma hanno detto che per ora loro hanno bisogno solo in quel reparto, ma una persona si può ammalare per andare al lavoro? Non si può fare niente per tutelare un lavoratore? 
Vi ringrazio per l attenzione, in attesa di una Vostra risposta porgo cordiali saluti.
Ci siamo occupati diverse volte di vessazioni sul lavoro, arrivando alla conclusione che il mobbing può assumere diverse forme, a volte insospettabili.
Anche il demansionamento può costituire mobbing. Quali regole valgono per il cambio di reparto, come nel caso portato alla nostra attenzione?

Il datore di lavoro può decidere il cambio reparto del dipendente?

Accade spesso nei grandi supermercati, ma non solo. In linea di massima se lo spostamento del lavoratore riguarda un altro reparto ma all’interno della stessa unità produttiva, il datore di lavoro mantiene discrezionalità nella scelta. Questa decisione tendenzialmente rientra nell’ambito dei suoi poteri organizzativi e direttivi da esercitare in modo libero nell’interesse dell’azienda. Differente sarebbe stato se il cambio di reparto avesse comportato l’attribuzione di mansioni di livello inferiore o un trasferimento ad altra unità, cosa che invece ci sembra di poter escludere nel caso del marito della lettrice.
Queste ultime fattispecie prevedono paletti più rigidi proprio per tutelare i lavoratori da spostamenti discriminatori.
Per approfondire l’argomento leggi anche:
Cambio mansioni: quando serve l’accordo e quando no
Spetta eventualmente al dipendente dimostrare che il cambio reparto celi un intento discriminatorio: operazione più facile se lo spostamento è accompagnato da altri atti potenzialmente rientranti nel mobbing. Quello che sfugge nella mail è perché questo cambio è stato vissuto con tanta negatività. Probabilmente mancano alcuni pezzi che potrebbero servire a completare il quadro.
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Quando il mobbing diventa una malattia: i diritti del lavoratore di assentarsi

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