In busta paga per la maggior parte dei lavoratori lo stipendio netto è molto inferiore rispetto al lordo. A pesare sottoforma di trattenute mensili sono varie voci che vanno dalle trattenute Irpef a quelle contributive, la quota destinata TFR e le imposte locali (addizionali). A conti fatti, quindi, la busta paga è gravata da circa il 30% di trattenute a vario titolo al punto che il reddito disponibile si assottiglia in proporzione con l’aumento dello stipendio.

Ci sono però diversi lavoratori per i quali non vi sono trattenute fiscali per via del basso livello di retribuzione o in base al contratto di lavoro in essere.

Si pensi ad esempio ai datori di lavoro domestici o forfettari (fino a qualche mese fa) per i quali non vi l’obbligo di operare trattenute fiscali o contributive e quindi corrispondono tutto il lordo in busta paga. Sarà popi cura del lavoratore, in fase di dichiarazione dei redditi, adempiere agli obblighi fiscali.

I lavoratori dipendenti

I lavoratori dipendenti che non subiscono ritenute fiscali in busta paga sono tutti coloro che hanno uno stipendio molto basso per il quale le detrazioni da lavoro dipendente superano o eguagliano le ritenute Irpef. In questo caso il datore di lavoro applicherà l’aliquota minima (23%) prevista in base agli scaglioni Irpef sulla retribuzione, ma poi la compenserà con le detrazioni spettanti, comprese quelle per eventuali figli e coniuge a carico, andando così ad azzerare le trattenute. Il che vale anche per le addizionali degli enti locali a seconda del luogo di residenza. Nel cedolino paga verranno comunque trattenuti gli importi (contributi) ai fini previdenziali.

I lavoratori domestici

Fra i lavoratori che non subiscono trattenute in busta paga vi sono anche colf e badanti. Per questa categoria di collaboratori non è infatti prevista alcuna trattenuta fiscale alla fonte. Cioè il datore di lavoro elabora sempre una busta paga al lordo in base alle tariffe applicate e al contratto orario di lavoro.

Soltanto i contributi previdenziali a suo carico verranno trattenuti, così come previsto dalla legge, e versati all’Inps. Sarà cura del lavoratore, invece, effettuare le dovute dichiarazioni fiscali e versare le imposte, così come pagare i bollettini per la copertura contributiva all’Inps che l’ente invia periodicamente al lavoratore domestico.

Datori lavoro domestico sostituti d’imposta

Una riforma per colf e badanti è comunque in arrivo. Tra le ipotesi allo studio del governo Conte per combattere definitivamente il lavoro “nero in abito domestico si sta studiando di trasformare anche i datori di lavoro sostituti d’imposta. Il che significa doversi assumere incombenze amministrative, burocratiche e fiscali nuove per le quali ci si dovrà necessariamente rivolgere a un commercialista. Infatti, elaborare una busta paga comprensiva anche del calcolo delle imposte, presentare ogni mese un modello F24, effettuare i relativi versamenti, calcolare i contributi Inps e Inail costituirebbe senz’altro un aggravio per i datori di lavoro privati e per le famiglie in genere. Senza calcolare gli eventuali adempimenti per il calcolo del bunus Renzi, degli assegni per il nucleo familiare, le ferie, la malattia, ecc.

Cosa cambia per i lavoratori

Così se per i datori di lavoro cambierebbero solo le incombenze, per i lavoratori domestici diminuirà il reddito disponibile al momento del pagamento pensile delle prestazioni. Già, perché, a quel punto la collaborazione si tradurrebbe in una vera e propria assunzione come lavoratore dipendente con tanto di trattenute Irpef, Inps e quota Tfr.