Continuano ad arrivarci richieste di chiarimenti sulle nuove regole per i buoni pasto che partiranno ufficialmente dal 9 settembre 2017. I lavoratori che, oltre allo stipendio in busta paga, percepiscono i ticket pasto, sono interessati a sapere come potranno essere spesi non solo presso i supermercati ma anche in agriturismi e mercati locali di prodotti freschi. Dopo aver chiarito che sono stati superati i limiti di orario ed aver ribadito la possibilità di cumulo dei buoni fino ad un numero massimo di otto, le richieste di informazioni, dunque, si concentrano sugli esercizi in cui questi saranno accettati.

Oltre ai supermercati e ai ristoranti, se rientranti nel circuito, saranno ammessi agriturismi e mercatini locali. Una novità accolta con favore dai lavoratori, ben contenti di poter usare i buoni pasto anche in vacanza. Ma non manca qualche voce che si alza scostante dal coro.

Se Federdistribuzione ha espresso parere favorevole a questo ampliamento dell’uso dei buoni pasto, Fiepet Confesercenti, associazione che riunisce bar e ristoranti, ha chiarito che «il buono pasto non può essere trasformato in un ticket per la spesa quotidiana».

Qualche dubbio ha palesato anche Agriturist, l’associazione nazionale degli agriturismi, che teme, sottolinea il presidente regionale Gianluigi Vimercati, in particolare “il rischio che per coprire i costi aggiuntivi del servizio, si vada ad abbassare la qualità dei piatti offerti”. Insomma, all’agriturismo con i ticket restaurant si mangerà pure ma chi assicura che non sarà riservato un trattamento peggiore? Stando alla lettera della riforma dei buoni pasto sembrerebbe corretto concludere che non possono essere imposte limitazioni nella scelta dei menù finché si tratti di prodotti gastronomici e piatti rientranti in quelli acquistabili con i ticket. Diverso è il discorso se ad esempio l’agriturismo vende prodotti artigianali.