Su invito degli stessi insegnanti, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca starebbe seriamente pensando ad inserire il cosiddetto Bonus Docenti direttamente in busta paga, in questo modo andrebbe a decadere il vincolo di destinazione delle somme erogate agli insegnanti.

Il problema in questo caso è che, tra contributi e Irpef, quel che ne rimarrebbe sarebbe davvero poca roba. Dunque, siamo sicuri che una simile operazione sia conveniente per gli insegnanti. Vediamo meglio di cosa si tratta.

Bonus docenti cosa è?

Il bonus docenti è, sostanzialmente, un bonus per docenti di ruolo a tempo indeterminato delle Istituzioni scolastiche statali, sia a tempo pieno che a tempo parziale, compresi i docenti che sono in periodo di formazione e prova, di importo nominale di euro 500 annui per ciascun anno scolastico.

Il Bonus può essere speso per l’acquisto di diversi beni e servizi, si va da alcuni tipi di prodotti informatici (tablet, pc e altro), ma anche libri, corsi di formazione ecc.

Secondo gli ultimi dati del Miur, risulta che sarebbero pochissimi i docenti che avrebbero utilizzato il bonus per corsi professionali.

La maggior parte di essi l’avrebbero utilizzato per l’acquisto di prodotti informatici.

In particolare, gli iscritti alla Carta docenti sarebbero 700 mila, contro i 400 mila iscritti alla “Piattaforma Sofia”, piattaforma per la formazione dei docenti.

Alla luce di ciò, è evidente che il Bonus Docenti, negli anni, abbia perso il suo significato originario, tanto da costringere il legislatore ad una modifica della misura.

Il Miur, in questi giorni, starebbe pensando di destinare i fondi per il bonus docenti verso un aumento degli stessi insegnanti e, dunque, eliminando il vincolo di destinazione delle somme erogate.

Bonus docenti: il grande svantaggio di inserirlo in busta paga

Come già detto, il personale docente vorrebbe che il bonus venisse aggiunto allo stipendio.

Il problema è che queste risorse sarebbero utilizzate anche per gli stipendi dei precari e del personale ATA (circa 370 milioni di dipendenti in totale) e, soprattutto, che verrebbe applicata una tassazione, tra contributi ed Irpef, più o meno del 40%.

In un simile contesto ne risulterebbe un netto in busta paga non superiore a 120 euro l’anno, circa 10 euro al mese.

Non ci sarebbe più il vincolo di destinare tali somme all’acquisto di beni e servizi previsti dal Miur, ma lo svantaggio, se non altro nella grandezza della misura ne risulta evidente.

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