Il bonus 150 euro è stato già liquidato in automatico sui ratei di pensione di questo mese di novembre. Adesso tocca ai lavoratori, che dovrebbero riceverlo nelle buste paga, con erogazioni differenti in base alle modalità di incasso dello stipendio e in base alle date di accredito dello stesso. Il bonus una tantum è la prosecuzione di una iniziativa prodotta con il primo decreto Aiuti dal governo Draghi. Infatti, lo scorso luglio fu la volta di un altro bonus da 200 euro. Sempre una tantum e sempre a tutti, lavoratori e pensionati.

Si tratta di bonus previsti per dare ossigeno a soggetti sui quali si è abbattuta, come una scure, la grave crisi economica e l’impennata esponenziale del costo della vita. Ma il nuovo bonus una tantum da 150 euro è diverso dal precedente per un aspetto molto importante. La soglia reddituale.

La domanda del nostro lettore

“Spettabile redazione, sono un lavoratore dipendente e lavoro in fabbrica da anni. Vi volevo chiedere una delucidazione in merito al bonus da 150 euro per il mese di novembre. Sto per prendere lo stipendio del mese e ho chiesto a un mio amico che fa le buste paga per noi dipendenti se era previsto il bonus da 150 euro. Mi ha detto che non tutti noi operai lo prenderemo e che al sottoscritto questo bonus non spetta. Mi ha detto di controllare una voce sulla busta paga che io non ho capito bene. Pare infatti che proprio in base a quella voce io sarò tagliato fuori dal bonus. Come mai visto che ho preso precedentemente quello da 200 euro? Inoltre non mi sembra di prendere uno stipendio troppo elevato rispetto ad altri miei colleghi per i quali, sempre in base alle nostre informazioni, il bonus dovrebbe essere pagato.”

Niente bonus 150 euro in busta paga per chi supera i 20.000 euro 
Intorno al nuovo bonus da €150 previsto dal decreto Aiuti bis, si è fatta una gran confusione soprattutto perché di fatto è stato collegato al bonus precedentemente erogato dal primo decreto Aiuti, cioè quello da 200 euro.
La confusione è nata dal fatto che si tratta di due bonus una tantum spettanti tanto ai pensionati quanto ai lavoratori dipendenti e agli autonomi. Molti però non hanno capito che rispetto al precedente bonus, erogato a luglio, questo non riguarda la stessa percentuale di lavoratori e pensionati del bonus precedente. Infatti è stata ridotta la soglia di reddito annuo da non superare per poter percepire l’una tantum. Il bonus da 200 euro di luglio, aveva una soglia nettamente più alta di questo di novembre. A luglio infatti tale soglia era pari a 35.000 euro. La nuova soglia reddituale invece è pari 20.000 euro. Un netto taglio quindi, che come evidenza vuole, scremerà la platea dei beneficiari di questa indennità.

Nulla da fare per chi supera i 20.000 euro di reddito

L’addetto alle buste paga dell’azienda per cui lavora il nostro lettore, che ha anticipato il fatto che lui non è beneficiario di questo ennesimo bonus, gli ha consigliato di controllare la busta paga per verificare la veridicità di quando da lui descritto. Ed effettivamente è facile verificare se si è potenziali beneficiari dei 150 euro di bonus oppure se si è esclusi. In primo luogo va detto che il bonus è pagato dall’INPS per i pensionati (nel rateo di pensione), e dai datori di lavoro ai dipendenti (in busta paga). Il pagamento avviene senza necessità di presentare domanda, cioè in modo automatico, anche se ai lavoratori è fatto obbligo di consegnare al datore di lavoro un’autodichiarazione. Parliamo dell’autocertificazione in cui il dipendente dichiara di avere diritto al bonus e di non averlo ricevuto precedentemente da altri datori di lavoro. Già questo primo vincolo per i dipendenti può essere un fattore di non fruizione del benefit.
Senza autocertificazione niente bonus quindi. Così come niente bonus per chi lo ha già chiesto a un altro datore di lavoro, magari per chi ha più assunzioni part-time. Infine, niente bonus se si supera la soglia dei 20.000 euro annui.

Cosa verificare sulla busta paga e perché molti perdono il bonus 150 euro

Potrà sembrare una soglia molto elevata questa dei 20.000 euro ma così non è. Infatti il bonus spetta a chi ha uno stipendio imponibile ai fini previdenziali inferiore a 1.539 euro. In termini pratici, chi prende uno stipendio comprensivo di tredicesima mensilità superiore a 20.000 euro annui non ha diritto al bonus da 150 euro. La retribuzione utile ai fini previdenziali, e quindi l’imponibile contributivo, altro non è che tutto ciò che un lavoratore dipendente percepisce dal datore di lavoro, al lordo di qualsiasi ritenuta e comprensivo delle voci accessorie dello stipendio, oltre che della componente fissa. Alla luce di quanto detto, è evidente che con ogni probabilità il nostro lavoratore supera queste soglie. E nulla conta il fatto che ha preso i 200 euro del bonus precedente, visto che la soglia reddituale da non oltrepassare con il precedente beneficio era di 35.000 euro e non di 20.000. Ed è proprio questa soglia che rischia di tagliare fuori, quasi inconsapevolmente, molti lavoratori e pensionati.