I rincari shock della Tari fanno rizzare le antenne a consumatori e commercianti. La tassa sui rifiuti continua ad aumentare e solo nel 2018 è arrivata a 9,5 miliardi di euro, dal 2010 è aumentata quindi del 76%. Di solito il motivo degli aumenti è legato allo scostamento dai fabbisogni standard. 

I dati di Confcommercio

In base agli ultimi dati dell’Osservatorio tasse locali di Confcommercio, a livello regionale si notano gli scostamenti maggiori in Piemonte, Basilicata e Calabria mentre Toscana e Abruzzo risultano essere le più virtuose.

Per quanto riguarda la Tari pro-capite la più alta è in Lazio, dove si paga 261 euro mentre in Molise 160 euro. I costi più alti, però, non significano servizi di qualità. Infatti sembra che nonostante l’aumento della tassa il livello e quantità dei servizi offerti dalle amministrazioni locali non sono sufficienti e solo Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Piemonte e Veneto raggiungono la sufficienza. A pagare di più la tassa sono soprattutto ortofrutta, fiorai e pescherie ma anche discoteche, ristoranti, negozi di abbigliamento e librerie. In tale ottica, Confcommercio spera che l’Arera possa intraprendere un dialogo con gli operatori in modo da dare vita ad una riforma complessiva della fiscalità locale legata alla gestione dei rifiuti.

La protesta del Codacons

A tal proposito si è espresso anche il Codacons secondo cuiI dati di Confcommercio confermano ancora una volta come i cittadini siano utilizzati al pari di “bancomat” attraverso l’imposizione di tasse in costante aumento su servizi essenziali come i rifiuti, nonostante la qualità dei servizi resi sia in netto peggioramento. Emblematico in tal senso è il caso del Lazio, dove il costo della Tari pro-capite è il più elevato d’Italia con una crescita del +7%, a fronte di un livello di qualità e quantità del servizio del tutto insufficiente e fermo a quota 3,2 su 10″.

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