Le donne svantaggiate possono contare anche per quest’anno su un incentivo per trovare occupazione stabile. Con la legge di bilancio 2023 sono infatti stati prorogati gli sgravi contributivi per i datori di lavoro che assumono donne svantaggiate.

La decontribuzione al 100%, già proposta negli anni 2021 e 2022, è valida fino al 30 giugno 2023. Come stabilito anche dalla Commissione Ue che aveva inizialmente recepito la proroga dello stato di emergenza in Italia a causa del Covid a maggior tutela del lavoro femminile.

Assunzione donne svantaggiate 2023

A spiegare bene il funzionamento dell’esonero contributivo è l’Inps con la circolare numero 3809 del 5 novembre 2021.

Nella nota sono chiarite le modalità di fruizione dello sgravio contributivo per i datori di lavoro e i termini per presentare domanda all’Istituto. L’incentivo ha una durata di 12 mesi (per le assunzioni a termine) o 18 mesi (per le assunzioni a tempo indeterminato). Interessa tutti i datori di lavoro privati, ivi compresi le imprese agricole, le Ipab e le aziende pubbliche.

Lo sgravio contributivo per le donne svantaggiate spetta anche in caso di assunzione part-time, di rapporti con cooperative di lavoro e in caso di somministrazione. Il limite massimo è pari a 8.000 euro per ciascuna lavoratrice, così come innalzato dalla legge di bilancio 2023. Prima tal limite era di 6.000 euro, ma poi a causa dell’impennata dell’inflazione, del conseguente adeguamemto delle tariffe contributive e dei salari la soglia è stata innalzata. Quindi ci sono da quest’anno più vantaggi economici per i datori di lavoro.

Chi sono le lavoratrici “svantaggiate”

Ma quali sono le donne svantaggiate da assumere e per le quali i datori di lavoro possono beneficiare dei bonus? Non tutte le lavoratrici possono godere dello sgravio contributivo previsto dalla legge in caso di assunzione al lavoro. Ai sensi della legge n. 92/2012, sono riconducibili alla nozione di “donne svantaggiate” le seguenti lavoratrici:

  • con almeno 50 anni d’età e disoccupate da oltre 12 mesi;
  • di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili a finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Ue, prive di un impiego regolarmente retributivo da almeno sei mesi;
  • di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retributivo da almeno 6 mesi.
  • prive di impiego regolarmente retributivo da almeno 24 mesi.

Riguardo a questa ultima categoria, con “condizione di lavoro non regolarmente retribuito” ci si riferisce alle donne che negli ultimi 6 mesi o non hanno lavorato come lavoratrici subordinate o hanno prestato attività con prestazioni riconducibili ad attività lavorativa autonoma o parasubordinata dalla quale derivi una retribuzione inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposte.