L’importo spettante per l’assegno divorzile non viene calcolato (o almeno non più) sulla base del tenore di vita tenuto dai coniugi durante il matrimonio. Quando il vincolo matrimoniale si interrompe, quello più debole economicamente, salvo casi specifici, ha diritto all’assegno di mantenimento qualora non possa mantenersi da solo. In questo senso rileva l’incapacità lavorativa, parziale o totale. Ecco perché un eventuale aggravamento delle condizioni di salute che impediscono di lavorare, potrebbe comportare un ricalcolo dell’assegno divorzile.

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Il giudice che segue la causa di divorzio, quindi, può fissare l’importo dell’assegno di mantenimento tenendo conto:

  • dell’apporto dato dal coniuge nel concorrere alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro; 
  • della durata del matrimonio.

L’importo dell’assegno di divorzio così calcolato viene poi indicizzato al costo della vita in modo da essere automaticamente aggiornato al valore effettivo della somma.

Se mutano le condizioni delle parti, però, può essere richiesta la revisione dell’assegno di mantenimento in modo che l’importo sia adeguato. Di solito il riferimento è ad un peggioramento delle condizioni economiche del coniuge obbligato ma potrebbe anche accadere, appunto, che vi sia un aggravamento delle condizioni di salute di chi beneficia del trattamento. Chiaramente queste circostanze vanno debitamente provate. Se certificate potrebbero comportare una revisione dell’assegno divorzile, in sensi peggiorativo o migliorativo a seconda dei casi.

Difficile fare previsioni precise e di carattere generale sull’importo. La normativa infatti non prevede delle tabelle di riferimento alle quali rimandare con certezza per quanto concerne l’ammontare dell’importo. La misura e l’adeguamento sono di conseguenza rimessi al giudice che vi provvederà dopo aver analizzato tutti i documenti a sua disposizione.