In molti ci chiedono che cosa succeda agli assegni familiari in caso di divorzio e se gli ANF sono legati in qualche modo al mantenimento dei figli. Con questo articolo cerchiamo di rispondere ai dubbi di alcuni lettori in merito al diritto agli assegni per il nucleo familiare quando si affronta una separazione.

Stiamo parlando, lo precisiamo per chi non lo sapesse, di una prestazione economica che l’INPS eroga ai nuclei familiari di alcune categorie di lavoratori, dei titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali da lavoro dipendente e dei lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi.

La determinazione degli ANF si basa su diversi fattori: tipo e composizione del nucleo familiare e reddito complessivo in primis. La prestazione quindi viene riconosciuta per redditi in modo decrescente.

La prima cosa da specificare in caso di separazione o divorzio è che gli ANF non sono sostituivi del mantenimento e dunque si vanno a sommare allo stesso a prescindere dall’ammontare stabilito del mantenimento stesso e e al pagamento del 50% delle spese straordinarie. Ma a quale dei due genitori spettano gli assegni nucleo familiare in caso di divorzio? La scelta non è banale e va operata per tempo. Nel caso in cui tutti e due i genitori abbiano diritto agli assegni familiari, l’erogazione sarà suddivisa al 50%; potrebbe però anche accadere che solo uno di loro ne abbia diritto: in tal caso potrebbe fare la domanda esclusiva al 100%.

Attenzione: se uno solo dei due genitori ha diritto agli ANF, l’impegno a versarli al genitore collocatario per l’utilizzo a favore del minore deve presupporre una disposizione del tribunale in questo senso. Nello specifico legge e giurisprudenza sono concordi nel prevedere che “ il coniuge affidatario del figlio minorenne ha diritto, ai sensi dell’art. 211 della legge 19 maggio 1975 n. 51, a percepire gli assegni familiari corrisposti per tale figlio all’altro coniuge in funzione di un rapporto di lavoro subordinato di cui quest’ultimo sia parte, indipendentemente dall’ammontare del contributo per il mantenimento del figlio fissato in sede di separazione consensuale omologata a carico del coniuge non affidatario, salvo che sia diversamente stabilito in modo espresso negli accordi di separazione. Gli assegni familiari per il coniuge, consensualmente o giudizialmente separato invece, in mancanza di una previsione analoga al citato art. 211, spettano al lavoratore, cui sono corrisposti per consentirgli di far fronte al suo obbligo di mantenimento ex artt. 143 e 156 cc, con la conseguenza che, se nulla al riguardo è stato stabilito dalle parti in sede consensuale, ovvero dal giudice in sede giudiziale, deve che nella fissazione del contributo per il mantenimento del coniuge si sia tenuto conto anche di questa particolare entrata” (si veda in questo senso anche il dispositivo della sentenza n. 5135 del 21 novembre 1989 emessa dalla Corte di Cassazione sezioni Unite).

Possiamo quindi concludere che l’importo degli assegni familiari resta al lavoratore che ne fa richiesta solamente nel caso in cui nel provvedimento ottenuto a seguito della causa di separazione o divorzio non sia specificato l’obbligo di corrispondere gli stessi a favore dell’altro coniuge per l’uso riservato ai figli.