Aprire una partita IVA a Milano conviene di più: questo, almeno, ciò che si deduce esaminando i dati della Cgia di Mestre sui guadagni medi dei lavoratori autonomi freelance. Nel capoluogo lombardo il reddito dichiarato dai lavoratori a partita IVA è mediamente di 38 mila euro l’anno, circa due volte e mezzo di più dei colleghi di Vibo Valentia (ultima posizione della classifica con 15.479 euro di entrate l’anno). La media nazionale supera di poco i 26 mila euro l’anno.

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Aprire una partita IVA: classifica stipendi nelle città italiane

Stando all’analisi della Cgia di Mestre, dopo Milano, nella classifica delle città italiane in cui aprire una partita IVA conviene di più segue Bolzano (con un reddito medio di 35.294 euro), Lecco (33.897 euro), Bologna (33.584), Como (32.298 euro) e Monza (32.022 euro).

Gli ultimi tre posti della classifica ci portano in Calabria: fanno leggermente meglio di Vibo Valentia, che come abbiamo visto è ultima, Crotone (15.645) e Cosenza (con 16.318 euro), rispettivamente penultima e terzultima.

L’associazione veneta ha evidenziato come per gli autonomi sia una fortuna in termini di entrate poter lavorare lungo l’asse Milano-Trieste (soprattutto per le specializzazioni nel settore meccanico, nella produzione di macchinari, nell’agricoltura di alto livello, nella moda e nell’arredamento) e lungo la via Emilia (comparto metalmeccanico soprattutto) che ha generato la cosiddetta dorsale adriatica.

Aprire una partita IVA: quanto contano settore ed età/esperienza?

Ma in linea di massima lavorare a partita IVA garantisce guadagni dignitosi? Gli artigiani hanno riscontrato che “dopo la crisi del 2008-2009, il reddito medio a livello nazionale è aumentato di 2.600 euro, con punte massime di 3.577 euro a Milano, di 3.376 euro a Bolzano e di 3.263 euro a Modena”.

Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, ha commentato in una nota “sebbene i dati riferiti al reddito medio siano abbastanza positivi, non dobbiamo dimenticare che la crisi ha fortemente polarizzato il mondo degli autonomi, condizionando questi risultati.

Tra i redditi più elevati, ad esempio, troviamo la fascia di lavoratori tra i 50 e i 65 anni. Il che non deve stupire, se è vero che l’esperienza e la rete di relazioni aumentano con l’esercizio della professione. Viceversa, gli under 40 hanno subito un processo di proletarizzazione della professione che è stato spaventoso”.

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