Statisticamente molte partite IVA vengono aperte e chiuse tra fine e inizio anno. Questo tempismo rappresenta una coincidenza (legata ai bilanci che si fanno un po’ in tutte le cose e ai nuovi propositi) oppure c’è un motivo per cui conviene aprire o chiudere la P IVA in uno specifico mese? Vediamo entrambe le situazioni diametralmente opposte.

In che mese conviene aprire la partita IVA

Scegliere il momento giusto in cui aprire la partita IVA può far risparmiare un po’ di soldi nel primo anno di attività.
Se parliamo del regime ordinario, va considerato che ci sono alcuni adempimenti da onorare, relativi a tasse e contributi da versare, che prescindono dal volume di affari e dal fatturato. Da questo si deduce che non avrà molto senso aprire una partita Iva quando si avvicina la fine dell’anno. Anche chi apre la partita IVA nel secondo semestre, dovrà corrispondere questi importi per l’intero anno. Quindi non ha alcun senso aspettare.
Da un punto di vista meno fiscale e più economico, invece, i mesi meno adatti potrebbero essere quelli estivi. Da giugno ad agosto molte attività si fermano quindi si potrebbe registrare un calo di produzione. E magari non è lo spirito giusto per partire. Ovviamente fanno eccezioni le attività turistiche per cui questa è l’alta stagione.

In che mese conviene chiudere la partita IVA

Abbiamo appena visto perché molti tra coloro che avviano una nuova attività, decidono di farlo ad inizio anno o comunque nel primo trimestre. Ora poniamoci nella situazione opposta. Chi decide di chiudere la partita IVA (purtroppo è una ricerca molto comune in questi ultimi mesi perché il Covid ha messo in ginocchio tante attività).

Partiamo dalle modalità (ci riferiamo in questa sede alla chiusura della P IVA volontaria e non a quella d’ufficio, disposta dall’Agenzia delle Entrate, che è cosa diversa).

La procedura per chiudere la partita IVA è gratuita e relativamente snella: il titolare dovrà inviare una comunicazione modello AA9 all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dalla cessazione dell’attività. L’invio potrà avvenire alternativamente:

  1. in formato cartaceo in duplice copia presso una sede territoriale dell’Agenzia delle Entrate;
  2. tramite raccomandata A/R (a cui allegare copia del documento di identità);
  3. in via telematica direttamente dal sito dell’Agenzia tramite Entratel o Fisconline tramite l’aiuto di un intermediario abilitato.

L’omessa comunicazione entro il termine di trenta giorni può essere sanata semplicemente tramite invio del modello AA9/12 tardivamente. Il ritardo infatti non è più sanzionabile. Con la risoluzione n. 7/E/2017, infatti, l’AdE ha abolito il codice tributo 8120 che identificava la sanzione.

Chi dimentica di cancellare l’iscrizione alla Camera di Commercio e all’INPS Gestione Artigiani e Commercianti contestualmente alla chiusura della partita IVA, continuerà a ricevere le cartelle esattoriali per i contributi INPS. In questo caso occorre fare richiesta di chiusura retroattiva al Registro Imprese per richiedere la cancellazione retroattiva. Bisogna sapere, infatti, che se durante l’anno si chiude la partita iva, i contributi INPS saranno dovuti solo in modo frazionato esclusivamente per i mesi di apertura. Non è così invece per il diritto camerale, il cui versamento copre l’intero anno indipendentemente dall’eventuale cancellazione della partita IVA durante l’anno.

Molti, soprattutto a seguito della recente crisi post Covid, si chiedono se sia possibile chiudere la partita IVA anche se ci sono debiti pendenti. Supponiamo che abbiate subito perdite gravi tanto da non riuscire a ripartire ma che nel frattempo abbiate anche versamenti in sospeso. La partita IVA può essere chiusa comunque e gli eventuali creditori potranno cercare di rivalersi sul patrimonio del titolare della partita IVA e sui suoi beni personali. Questo principio generale sia applica sia per le ditte individuali, che per i liberi professionisti, per gli artigiani e i lavoratori autonomi, che rispondono illimitatamente per il saldo dei debiti contratti nell’esercizio dell’attività.

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