Si parla ancora della delicata vicenda che riguarda i lavoratori del comparto scuola che devono accedere all’Ape sociale dopo la pubblicazione delle nota MIUR 20038 dello scorso 19 aprile.

Con la nota il Ministero, oltre a chiarire i termini di presentazione di domanda di Ape sociale, ribadisce che la domanda cartacea potrà essere presentata da coloro che hanno ricevuto la comunicazione delle condizioni di accesso al beneficio prima dell’inizio dell’anno scolastico 2018/2019.

Sempre nella nota viene prevista la possibilità di ritirare la domanda di cessazione qualora dopo il riconoscimento delle condizioni di accesso all’APE sociale dovesse mancare il requisito e quindi venir meno anche la possibilità di accesso all’APE sociale.

Quest’ultimo punto riferito a coloro che presentano la domanda di accesso per assistere familiare gravemente disabile.

A tal proposito ci hanno scritto due lettrici con personali riflessioni che pubblichiamo.

1)

Buongiorno,

Come a Lei noto, in data 19 aprile 2018 il Miur ha emanato la nota 20038 con la quale ha liquidato le legittime istanze dei lavoratori del comparto scuola ai quali è già stato riconosciuto dall’ Inps il diritto di accesso all’ape sociale con un solenne “ME NE FREGO”.

Il Ministero ha ribadito la propria decisione  di mantenere in “OSTAGGIO” tutte quei lavoratori che hanno chiaramente espresso la propria volontà di esercitare un diritto che gli viene riconosciuto da una legge dello STATO ITALIANO che, evidentemente, il Miur disconosce.

Esilarante è l’ultimo capoverso della nota ove si prevede “la possibilità di ritirare la domanda di cessazione qualora dopo il riconoscimento delle condizione di accesso all’ape sociale dovesse mancare il requisito e quindi venire meno anche la possibilità di accesso all’ape sociale”.

In sostanza una pratica illegittima diviene legittima mentre un diritto acquisito e posticipato ad uso e consumo del burocrate di turno del ministero viene negato.

In base a quale comma della legge istitutiva dell’Ape viene legittimato tale comportamento che, tra l’altro, e a mio modestissimo parere di non laureata in scienze economiche alla Bocconi , procura un danno erariale allo Stato?

Mi auguro che tale nota non sia stata concordata con i sindacati che ad oggi tramite i patronati non sono ancora in grado di indicare adeguate norme comportamentali e che anzi, sempre a mio modesto parere inducono a pratiche che molto probabilmente, al verificarsi di determinati eventi, si riveleranno deleterie per chi le attuerà.

Mi chiedo: cosa consiglieranno ora i predetti sindacati ai propri iscritti, oltre che accendere un cero alla Madonna, affinchè ” il 1 settembre 2018 “non manchi il requisito per l’accesso all’ape sociale”

– autocertificare il falso?

-congelare il parente deceduto prima di tale data e dichiararne la morte dopo il 1 settembre?

Tutti i lavoratori del comparto scuola che hanno fatto domanda di accesso all’Ape sociale e ai quali è stato riconosciuto il diritto di accesso al beneficio da parte dell’Inps (in molti casi oramai da piu’ di un anno) e che hanno espletato tutte le altre formalità previste nella comunicazione pervenuta dall’Inps ( inviato lettera di dimissioni al proprio datore di lavoro e subito il ricatto di dover pagare in una unica soluzione importi relativi a riscatti e ricongiunzioni ammontanti a diverse migliaia di euro) hanno chiaramente espresso la loro volontà di abbandonare il proprio posto di lavoro e hanno tutto il diritto di farlo: non vi sono note ministeriali o circolari interpretative Inps illegittime e creanti disparità di trattamento tra lavoratori nell’applicazione della legge( cio’ non è contrario oltre che alla costituzione anche al semplice buon senso?) che possono impedire l’esercizio di un diritto acquisito o come esplicitato nella nota Miur 20038 farlo venir meno …. Siamo alla follia pura!!!!!

2)

Gent. Direttore,

sono un‘insegnante e innanzitutto vorrei ringraziarla per l’attenzione che ha sempre mostrato verso i docenti che hanno presentato domanda per l’APE sociale.

Le scrivo stavolta a seguito della nota del MIUR del 19 aprile 2018.

Con l’ultima nota del MIUR appare manifesto il tentativo di svuotare l’Ape sociale di qualsiasi valore e di rendere la sua attuazione inattuabile nei fatti per chi è insegnante. Ancora una volta gli insegnanti, a differenza di altre categorie, sono penalizzati rispetto ad altri lavoratori che hanno già usufruito dei benefici dell’Ape sociale.

Dopo un anno di silenzi, ritardi, cose dette e non dette, la concessione da parte del MIUR di poter ritirare la domanda di cessazione, qualora vengano meno i requisiti e a non essere di fatto “esodati”, suona proprio come l’ultima beffa.

Sembra quasi che non siano il MIUR, l’INPS ad essere in difetto, a non aver rispettato i termini di legge, ma chi ha presentato regolarmente domanda nei termini richiesti; sono in difetto tutte quei docenti a cui l’INPS aveva riconosciuto il diritto ad usufruire dell’Ape sociale perché in regola con tutti i requisiti e le condizioni richiesti.

Per L’INPS il nostro diritto scattava dal 2017, per il MIUR scatta dall’1 settembre 2018, previa conferma dell’esistenza in vita del disabile, e in contraddizione con l’art. 2 del DPCM 88/2017 (Art. 2, comma 1 lett. b: Puo’ conseguire l’APE sociale il soggetto iscritto all’assicurazione generale obbligatoria, [che] è in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni e al momento della richiesta assiste da almeno sei mesi il coniuge, la persona in unione civile o un parente di primo grado, convivente, con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104; ….)

Molti di noi vivono situazioni familiari con persone in condizioni di vita estremamente gravi e precarie ed è quindi difficile conciliare l’attività professionale ed essere, al contempo, caregiver di una persona cara.

Il senso dell’Ape sociale doveva essere quello di venire incontro a situazioni difficili e che richiedono amore, cura e sacrificio a tempo pieno.

Sembra quasi che lo Stato, e per esso il MIUR, voglia speculare sul nostro dolore e sulle nostre difficoltà oggettive e, ritardando i termini di attuazione, sembra dirci “abbiamo scherzato, non c’era niente di vero. Ora si torna al lavoro”.

Per questo vorrei che le tante colleghe e i colleghi che hanno presentato domanda   considerassero la possibilità di mantenere il posto di lavoro non una vittoria ma l’ultima amara resa.

Vorrei anche si sentissero le voci di dissenso, di rabbia, vorrei che tra noi ci fosse maggiore solidarietà tenendoci in contatto, cercando tutte le maniere utili e necessarie perché lo Stato rispetti le leggi da lui stesso emanate.

I miei più cordiali saluti.

 

Per chiunque volesse contattare una delle due insegnanti per “unire le voci” può contattarmi in privato alla mail [email protected] per avere l’indirizzo mail cui scrivere.