Estensione della previsione normativa di cui all’art. 19 della Legge n.74 del 1987 ai provvedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche che dichiarano la nullità del matrimonio concordatario. È questo l’argomento su cui l’Agenzia delle Entrate ha dato chiarimenti nella Risposta n. 199/E del 1° luglio 2020.

Il citato art. 19 prevede un regime di esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa di tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare i rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso.

Nel dettaglio, espressamente l’art. 19 stabilisce che “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa“.

Esenzione fiscale anche per la deliberazione ecclesiastica

Nel documento di prassi di ieri, l’Amministrazione finanziaria evidenzia che la genericità dell’espressionecessazione degli effetti civili del matrimonio“, di cui all’art.19, comporta che la stessa possa riferirsi sia alla delibazione, in sede di Corte d’Appello, della sentenza ecclesiastica che dichiara la nullità del matrimonio canonico, sia alla pronuncia, ad opera dell’autorità giudiziaria ordinaria, di nullità del matrimonio civile e di nullità del matrimonio contratto in forma canonica e trascritto.

Se così non fosse si verrebbe a creare una disparità di trattamento fiscale della sentenza di delibazione ecclesiastica (che produce i suoi effetti anche dal punto di vista civile) diverso rispetto a quello della sentenza pronunciata all’esito del giudizio di separazione o divorzio e ciò anche “alla luce dell’interpretazione promossa dalla Corte Costituzionale, secondo cui la ratio della norma è rinvenibile nella tutela economico-patrimoniale alla famiglia nel momento in cui il vincolo si scioglie o si attenua”.

L’Agenzia delle Entrate, supportata anche dalla giurisprudenza (sentenza della Corte Costituzionale del 10/05/1999, n. 154; sentenza della Corte Costituzionale del 2-15/04/1992, n. 176; sentenza della Corte Costituzionale del 11/06/2003, n. 202), giunge a concludere, quindi, che l’esenzione dall’imposta di bollo e di registro si applica a prescindere che sia una sentenza ecclesiastica a dichiarare la nullità del matrimonio o una pronuncia dell’autorità giudiziaria ordinaria.

Inoltre, è chiarito che i provvedimenti e gli atti giudiziari del procedimento di delibazione in questione, esenti da imposta di registro, non sono soggetti all’obbligo della registrazione, poiché, alla formalità predetta, sono soggetti solo gli atti giudiziari per i quali l’imposta di registro è dovuta.