Anche i notai soffrono la crisi della pandemia. Una delle caste più odiate dagli italiani è infatti in apprensione per il continuo calo del mercato immobiliare. Complice l’Imu che pesa sulle seconde case, ma anche pandemia che ha ulteriormente aggravato la situazione.

I risultati per i notai seguono da vicino l’andamento del mercato immobiliare. Dalle compra vendite di case, uffici, negozi, ecc. i notai traggono la maggior parte dei loro ricavi le cui parcelle sono molto onerose.

Notai in crisi con mercato immobiliare

Gli italiani, si sa, sono profondamente “malati” di mattone.

Non esiste un Paese al mondo come l’Italia dove il tasso di possesso degli immobili sia eguale (per la statistica, oltre il 90% degli italiani possiede una casa). Questo ha permesso alla casta dei notai di fare soldi in passato, ma da una decina di anni le cose stanno cambiando anche per loro.

Il 2020 ha segnato una battuta d’arresto generale delle compravendite di beni immobili (fabbricati, terreni, pertinenze, cave, ecc.) pari a -8,2% rispetto al 2019. Si è scesi infatti da 1.128.674 compravendite nel 2019 a 1.035.997 nel 2020.

Durante i primi tre mesi di lockdown nel 2020 si è registrato un calo del 51% a marzo. Percentuale che scende ad aprile addirittura del 75% per ridursi a un -26% di maggio. Un tonfo seguito da una lenta e timida ripresa nei mesi a venire.

Crollo delle compra vendite

Logico pensare, quindi, che anche gli affari dei notai siano andati peggiorando col tempo. Gli atti notarili si sono più che dimezzati e molti sono entrati in crisi. Difficile che escano allo scoperto lamentandosi pubblicamente, ma finora si possono contare più di 700 notai che hanno chiesto alla Cassa Nazionale del Notariato il bonus di 600 euro.

Secondo Il Sole 24 Ore, poi, degli oltre 5.100 studi notarili in esercizio in Italia, ben 1.012 sarebbe in crisi. 703 hanno percepito nel 2018 redditi fino a 35 mila euro, mentre i restanti 309 non avrebbero superato il tetto dei 50 mila euro.

A entrare in difficoltà sarebbero i notai più giovani, quelli che hanno aperto lo studio poco prima dello scoppio della pandemia. O anche quelli che hanno accusato più di tutti, dal 2009 in poi, il calo degli atti come conseguenza del crollo del mercato immobiliare.

I dati del 2020

Una fotografia allarmante che emerge dal nuovo Rapporto Dati Statistici Notarili relativo alle compravendite di beni immobili, mutui nell’anno 2020. Nell’anno appena trascorso, caratterizzato dall’emergenza pandemica, si interrompe la ripresa che aveva caratterizzato gli anni precedenti.

Il settore specifico degli immobili (uffici, abitazioni e pertinenze, immobili ad uso commerciale, ecc.) ha fatto segnare un calo del 7,8% delle compravendite (786.599 fabbricati nel 2020 rispetto agli 853.247 fabbricati scambiati nel 2019).

I primi sei mesi del 2020, come è noto, sono stati contraddistinti dal lockdown. Ciò si evince dal raffronto dei dati della seconda metà del 2020 quando sono stati scambiati 462.230 fabbricati. Dato che corrisponde a un aumento del 42,50% rispetto al 1 semestre 2020, chiuso con lo scambio di 324.369 fabbricati.

Più nello specifico, analizzando la sola compravendita di immobili ad uso residenziale, si registra una variazione del + 41,10% nel confronto tra le 212.123 transazioni del primo semestre e le 299.308 del secondo semestre 2020. Le case oggetto di compravendite nel 2020 sono state 511.431, dato che ha fatto registrare una diminuzione del 7,2% rispetto al 2019, anno in cui ne sono state trattate 551.122.

La regione nella quale sono stati scambiati più immobili rimane la Lombardia, con il 19,3% degli atti sull’intero territorio nazionale. Con un aumento nel secondo semestre del 42,6% rispetto al primo semestre. Segue il Veneto con il + 9,5% e il Piemonte con il + 9,3%.