Verso una sola aliquota Irpef al 20% per i redditi più bassi. E’ questo il prossimo obiettivo del governo Conte da realizzare una volta approvata la legge di bilancio per il 2020. Il riordino della tassazione dei redditi per chi guadagna poco è infatti diventata necessaria per difendere il potere d’acquisto di quelle famiglie che rischiano di finir in povertà per colpa di un fisco iniquo.

Il governo userà tutte le nuove entrate per una riforma dell’Irpef. Lo dice il premier, Giuseppe Conte, spiegando che “stiamo facendo simulazioni, ma l’obiettivo a cui ambiamo è una semplificazione delle prime due aliquote al 23 e 27 per cento in un’unica al 20.

Poiché nel 2021 c’è ancora da disattivare 18 miliardi di euro di aumenti Iva, precisa che quell’obiettivo si può realizzare “entro la fine della legislatura”.

Riforma Irpef, una sola aliquota al posto di due

Conte promette quindi la costituzione di “una task force” per studiare la riforma e l’importanza di fare passi avanti anche sulla giustizia tributaria. Occorre “dare certezze” a chi investe, “non si può attendere dieci anni per una sentenza”. Sarà quindi una riforma fiscale ad ampio spettro che interesserà, non solo le aliquote, ma anche gli scaglioni Irpef la cui soglia sarà rivista e rimodulata in senso più favorevole per chi ha redditi bassi. Sarà contemplata anche la possibilità di creare una “no tax area” fino a 8.000 euro annui per la quale non si dovranno versare imposte e che interesserà tutti quei lavoratori che hanno contratti precari, a progetto o semplici collaborazioni. Contestualmente si andranno ad alzare le imposte per i redditi più alti nel rispetto del principio costituzionale che chi guadagna di più deve contribuire in misura maggiore alla spesa pubblica.

Lotta all’evasione e uso limitato del contante

Sulla legge di bilancio, dice Conte, “abbiamo votato il testo con la formula salvo intese.

Quella formula ci consente di ricontrollare i testi normativi, ma la manovra è approvata”. Sulla soglia del contante, contestata da Italia viva, “non si riapre la manovra. Stiamo parlando di un tassello di una cosa molto più grande contro l’evasione fiscale”, spiega il premier. “Il nostro piano contro l’uso del contante orienta il comportamento dei cittadini, fa emergere l’economia sommersa ed evita alle banche costi enormi”, spesso scaricati sui clienti. “E poi stava nel programma di governo”. Conte non vuole credere alle ricostruzioni secondo le quali nel M5S c’è chi parla di un “regalo alle banche”. “E’ stato il governo a porsi il problema di far scendere le commissioni bancarie. Non vorrei si sviluppasse una psicosi da rami sospesi nel vuoto”. Se poi “il Movimento fa osservazioni, possiamo ancora affinare qualche dettaglio”.

Luigi Di Maio ad esempio è contrario a stringere le maglie della flat tax al 15 per cento fino a 65 mila euro. Conte qui si mostra disponibile: “Lasciare quell’aliquota è un costo sul piano sociale. Ma su questo punto possiamo fare miglioramenti”. Il premier, comunque, non è intenzionato a farsi smontare il lavoro fatto e la mediazione raggiunta. “In Consiglio dei ministri non sono mancate le divergenze, eppure il clima è sempre stato ottimo. E’ noto ad esempio che io avrei portato subito il limite del contante a 1.000 euro, ma non mi pare un aspetto dirimente. Un segnale occorreva darlo”. Il tetto intermedio dei 2.000 euro – che resterà fino al 2022 – “non è tale da compromettere il lavoro degli artigiani o dei commercianti. Oltre una certa cifra nessuno penserà mai di comprare una casa o un’auto con le banconote. O no?”.